martedì 27 settembre 2016

Il film "fantasy" Labyrinth non è un film per bambini, ma ecco le ragioni per cui a guardarlo dovrebbero essere piuttosto i loro genitori...

L'idea di questo post mi è venuta un pomeriggio in cui andai a bere qualcosa con una mia amica che mi disse: - Sai che l'altra sera ho guardato il film Labyrinth, in DVD? Lo avevo visto da bambina, ma a guardarlo adesso ha un altro significato -. In effetti, è così, perché questi sono film per adulti, non fiabe per bambini, e adesso proverò a dare una interpretazione dell'allegoria di Labyrinth, o meglio, di alcune parti di essa ( a spiegarla tutta verrebbe fuori un piccolo libretto) secondo le categorie della tradizione cristiana e il suo impianto dottrinale. Preciso anche che le idee espresse in questo post si basano sui dogmi cattolici, non sulle mie opinioni personali. Inoltre, esse non rappresentano alcun giudizio sul regista e sugli attori del film Labyrinth, né sulle persone che di esso hanno eventualmente fornito altra interpretazione.


L'adolescente Sarah, insoddisfatta, come molte belle e intelligenti ragazze, della situazione famigliare, annoiata dalla scuola e per di più in piena fase speranzosamente "romantica" (tipico delle sedicenni o giù di lì) trova un varco insperato verso altri mondi, verso altre dimensioni, ma a causa della propria inesperienza e immaturità non si pone inizialmente il problema delle reali intenzioni dei loro abitanti, i quali le appaiono in veste di buffi e dispettosi folletti, i goblin, e del loro castellano, il luminoso e ambivalente Jareth.

Sarah, giovanissima e graziosa, passeggia per i giardini pubblici con il cane di famiglia, un patatone stupendamente peloso, e nel frattempo, completamente distaccata dalla realtà terrena che la circoda (oh, ma come la rimpiangerà di lì a poche ore!) legge ed impara a memoria intere frasi di un libricino che solo a guardarlo con qualche anno di più fa già venire i brividi.

Viene da chiedersi dove lo abbia trovato e chi, prima di lei, lo abbia sfogliato (nei secoli, intendo!!). Chiaramente, la ragazza ha intuito che il breve testo contiene in qualche modo una chiave di accesso ad un'altra dimensione - e il trucco per poi riuscire ad uscirne.

Si tratta di una dimensione spirituale, di un piano ontologico sovrapposto a quello terreno ma al tempo stesso soprasensibile. Per usare un termine tecnico della tradizione, si tratta di una dimensione preternaturale, popolata da entità spirituali che da questo momento non chiamerò più né folletti, né goblin, ma con un altro nome usato invece nella tradizione cristiana cattolica: demòni minori.

I demòni minori sono spiriti, sono piccole entità diaboliche, quindi esseri comunque di natura angelica, sono i piccoli angeli decaduti, che orbitano attorno ad enti maggiori in potenza spirituale.

In ordine gerarchico, essi sono dei subalterni e hanno quindi funzioni subordinate a quelle dei Demòni maggiori, i loro generali in gerarchia.

Secondo la demonologia ebraica e cristiana, gli enti diabolici sono angeli, non sono esseri umani e vanno perciò distinti dalle Anime.

Anche le Anime dannate sono rappresentate nel film di tanto in tanto: esse appartenevano a persone umane che ebbero modo di esperire la dimensione terrena e di agire in essa mediante il corpo fisico, il quale poi ad un certo punto di quella che noi umani chiamiamo comunemente "vita" viene meno a causa della morte fisica.

L'Anima è la componente spirituale della persona umana e in quanto tale non è soggetta alla morte corporale. essa è piuttosto destinata a ritornare alla Luce divina in cui fu formata, tuttavia per le Anime create libere e autocoscienti esiste anche la possibilità di morte cosiddetta spirituale, cioè di dannazione.

La condizione di dannazione dell'anima è per esempio quella che, per tornare ora al film, il vecchio deforme Gogol rappresenta grottescamente - lui era un comune uomo deceduto in età abbastanza anziana prima di entrare nella logica del Labirinto e rimanervi dentro di sua vigliacca volontà.

Gogol, un personaggio che rappresenta un povero vecchio dannato, opportunista e vigliacco, ambivalente, soggiogato da Jareth-Lucifero che odia, ma al quale non osa in realtà opporsi se non in qualche momento, per poi ritornarsene comunque ai fatti suoi, senza tuttavia mutare la propria scelta di rimanere nel sistema-labirinto e nel proprio personale inferno.

Nel film, a dire il vero, la coorte diabolica è rappresentante danzante attorno ad uno soltanto dei Demòni maggiori, il quale è tuttavia anche il Principe dei Demòni, ma non gli si faccia sapere che la fantasia dello sceneggiatore gli ha scelto un nome che è già un ibrido di due nomi esistenti: l'ebraico Jared (Yared, il discendente) e il germanico Gareth (nella saga arturiana è Gahariet il cavaliere, e i nome significa delicatezza, nobiltà) si mescolano in Jareth (so per certo che qualche mamma inglese o americana  ha già avuto la stramba idea, dopo il film, di chiamare così il proprio figlioletto). Il raffinato, nobile Jareth, tanto bello ed elegante quanto astuto e crudele.

 In questa allegoria della coorte diabolica nella Città dei Goblin al centro del labirinto, il nostro King of the Goblins, questo elegante castellano, potrebbe tranquillamente essere piuttosto il Principe dei Demòni, non un re, ma un nobile, principe per titolo, funzione e natura creaturale.

La tradizione ebraica gli attribuiva uno e più nomi, quella cristiana cattolica lo chiama Lucifero.

 Secondo il nostro modo terreno, di noi mortali, di intendere il tempo, Sarah passa circa 13 ore di vessazione diabolica e di prova, dove le sembra di poter andare in un'altra dimensione nella quale il tempo si ferma: lì c'è solo l'evo degli spiriti e delle Anime delle loro cerchie.




 Che il Principe dei Demoni sia anche un individuo di animo... nobile (!) lo scoprirà Sarah, quando ne avrà a che fare direttamente come conseguenza di una sprovveduta invocazione pronunciata dalla ragazza stessa (qualche adolescente non dovrebbe leggere certi libretti, ma piuttosto certi blog!) e rivolta a Jareth e ai suoi Goblin, cioè al Demonio Lucifero in persona e ai decaduti Angeli della sua cerchia (cosa della quale la ragazza Sarah si renderà conto molto in seguito, a frittata fatta).

Sebbene il film non sia da considerarsi "descrittivo di concetti teologici neppure in maniera mascherata", esso è tuttavia pieno zeppo di riferimenti metaforici a creature e dinamiche che non sono soltanto fantasiose o mitologiche, ma che ricalcano in buona percentuale quelle che la demonologia cristiana come pure, in parte, le tradizioni nordiche, attribuiscono agli spiriti. Il nome di Sarah, principessa in ebraico, è anch'esso legato in parte a queste dinamiche, perché Sarah era il nome della ragazza vessata dal Demonio maggiore che la tradizione ebraica e cristiana chiamano Asmodeo, il secondo in gerarchia dopo Lucifero, e vabbè, non penso che il nome della protagonista sia casuale, neppure in questo film.

Ad ogni modo, è solo questo presunto Lucifero che entra nella vita di Sarah e nella sua stanza (Asmodeo con quel nome di donna aveva infatti chiuso il capitolo ben prima, quindi era ovvio che non si sarebbe presentato) perché i suoi saltellanti piccoli demoni gli portano notizia che la ragazza, in un momento di sconforto, ne aveva richiesto l'intervento mediante...una preghiera che Sarah pronuncia nella propria cameretta, davanti allo specchio.

I demoni minori della coorte del Principe si mettono in ascolto e già si apre quel varco sottile (a loro, che sono astuti, basta una piccola fessura per entrare). Essi sono stupiti ed emozionati dalle parole della ragazza, la quale sembra non scherzare affatto allorché offre a Lucifero la propria personale "rinuncia al suo ruolo umano di sorella, di figlia, di studentessa, ecc", chiedendogli piuttosto di allontanarla dalla realtà terrena e di portare via il fratellino che piange e le dà sui nervi (per non parlare della madre di lui, matrigna di Sarah perché seconda moglie del padre naturale).

Il tutto infine sembra essere poco più che uno sfogo adolescenziale di una ragazza delusa dalle relazioni famigliari e dalla propria vita ordinaria, orfana di madre, e arrabbiata con il padre. Il piccolino non ne ha colpa, ma è un piccolo rompiscatole biondo con un pigiama a righe, e sopratutto è il bambino che rappresenta, agli occhi di Sarah, il fallimento e la fine della sua "vera famiglia", cioè quella di sua madre naturale.

Tanto vale proiettare ogni frustrazione e rabbia personali sull'infante e invocare il Principe dei Demòni (l'accento va sulla seconda sillaba quando si pronuncia la parola demoni nel contesto teologico) usando una formula che nel suo incipit somiglia vagamente alle preghiere pronunciate nei rituali di magia o a volte di stregoneria.

Veramente certe persone, uomini e donne, pare non abbiano di meglio da fare che dedicarsi ad invocazioni spiritiche e talvolta anche a stregoneria e diavolerie varie ed eventuali.

In realtà la Sarah di questo film non è una moderna giovane strega, non ne sa un bel nulla di  magia, non ha conoscenze di tipo dottrinale, non è neppure una wiccan, né può avvalersi di eredità e di iniziazioni esoteriche: semplicemente, ha fatto una cazzata.

Da qui l'evidente sconcerto dei demoni minori, i goblin che ascoltano e "raccolgono" le parole di Sarah e che in queste scene del film sembrano anche perciò gli unici dotati di buon senso. Si capirà poi che le loro perplessità erano suscitate, oltre che dall'intrusione umana nelle loro faccende, anche dal fatto che la formula che la ragazza cerca di pronunciare è sbagliata (!).

Ovviamente, gli spiriti diabolici, essendo angeli, sono molto belli e raffinati, e non assomigliano per nulla a questi pupazzi. I Santi comunque visualizzavano il demonio e i suoi subalterni sotto varie sembianze sia luminose che tetre, rappresentanti l'ambivalenza e la ribellione di questi angeli. Le Anime dannate invece, che compaiono rappresentato in questa fotografia insieme ai demoni che le dominano, assumono tratti orridi e grotteschi, da "bruti" e non più da esseri umani, in quanto essi, a causa della loro perversione e della loro scelta, perdono la somiglianza con Dio, che aveva invece creato l'uomo a Sua immagine e somiglianza destinandolo all'immortalità e alla resurrezione.

 In generale, è noto (tutta l'esperienza esorcistica lo conferma) che i demoni minori sono allibiti dall'imprudenza e dalla presunzione umana, la quale spinge alcuni ad entrare imprudentemente in contatto con il preternaturale e a rivolgersi agli idoli e agli spiriti anziché a Dio e ai Suoi Angeli. Un frate mio amico, che da anni svolge il ministero dell'esorcistato, non finirà mai di dire alle persone di non cadere nelle trappole della magia in tutte le sue forme, dell'imprudente ricerca del preternaturale e dello spiritismo. Sarah commette una terribile imprudenza ed è messa alla prova.

Le sue emozioni di adolescente, la sua bellezza di ragazza e la purezza del suo cuore affascinano il diavolo, il quale però non rinuncia ai suoi scopi neppure di fronte alle proteste di Sarah, la quale da subito, accortasi che qualcosa non va, cerca di mandarlo via. Il Principe dei Trallallà che essendo puro spirito assume sembianze di animale notturno, entra in camera di Sarah e si scoccia che la ragazza cerchi di giustificarsi dicendo che non ci credeva veramente che potesse esistere qualcosa oltre i muri spessi di camera sua; persino il demonio si innervosisce della superficialità di quella deliziosa mortale, la osserva ironicamente, gelido, beffardo, arrogante.

Rimarrà raffinato e crudele per tutto il resto del film, divertito dalle capriole dei suoi subalterni e innervosito dalla determinazione e dalla forza interiore di Sarah. Nessuna creatura celeste interverrà in quel momento a soccorrere la ragazza in maniera palese (anche se il rapace notturno dalle ali bianche che appare nel film può ugualmente rappresentare una forza angelica, la quale veglia per comando divino sulle vicende dei mortali, ed è l''ultima a comparire nel film), piuttosto per lei ci saranno vessazione e prova dove potrà già scegliere e dare il meglio di sé, rinunciando alla logica seducente del demonio e ai desideri della sua immaginazione di ragazza di indole romantica, accettando piuttosto di impegnarsi nel bene nella dimensione terrena che è propria di noi mortali, senza più cadere nella tentazione di usare mezzi impropri oppure magici per accedere ad altre dimensioni o a contatti di natura spiritica.


 Il Principe Jareth si diletta di giocoleria con le sue palle di cristallo attraverso le quali osserva le cose remote e le vicende di alcune creature nel labirinto. Sono illusioni che offre loro, palle di cristallo come bolle di sapone e tutto lì dentro è illusorio, come in una festa in maschera, come in uno specchio che va in pezzi sulla tetra, sottostante realtà di inferno.



Il labirinto stesso è l'inferno, con le sue vie tortuose che incominciano qui sulla terra, da cui Sarah entra, e i portali per l'inferno, i cancelli del labirinto, sono infatti qui in terra, non altrove.

I portali per le altre dimensioni sono come dei passaggi, dei tunnel interdimensionali dai quali passano le entità spirituali e le anime quando lasciano la terra per andare nei luoghi spirituali (inferno, purgatorio e paradiso infatti sono condizioni spirituali ma anche luoghi spirituali) cui esse sono giustamente destinate dopo il giudizio individuale, o l'individuale confronto con la Sua Luce.

Il labirinto, con le sue segrete oscure, i suoi cunicoli bui, la gora "del fetore eterno" (metafora direi quasi perfetta, sebbene impropria, perché la giustizia dell'inferno è purissimo fuoco spirituale che arde e non si spegne, non certo fetore, ma la puzza rende l'idea della corruzione delle Anime che vi cadono dentro) è formato da spire avvolte più e più volte, come le spire di un serpente.

Il labirinto qui rappresenta anche il serpente antico, rappresenta cioè satana, formatosi in seguito alla ribellione e alla caduta degli Angeli e poi in seguito a quella delle Anime che ancora al presente rifiutano il Cielo, quindi a causa delle stesse creature che abitano quelle spire maledette e le mantengono.

Al centro del Labirinto, oltre la città dei demoni (che era chiamata la città di Dite, nella parte più profonda dell'inferno dantesco), c'è appunto Lucifero, l'arcangelo bello e ribelle, astuto e sprezzante, il demonio, il castellano, il principe delle illusioni.


Questo film, come in generale tutto il fantasy e anche molte fiabe, è destinato ad un pubblico adulto. Siamo noi adulti che dobbiamo applicarvi delle categorie dottrinali e morali, spirituali e filosofiche - e rifletterci.

Riflettere anche in senso laico, voglio dire, indipendentemente da questioni di fede personale: riflettere sul senso del bene e del male, della purezza di intenti da un lato, della raffinata perversione dall'altro.

Se io avessi una figlia o un figlio adolescente, spiegherei loro che esiste un'interpretazione in chiave morale e anche spirituale (oltre che spiritica) di questo film, come pure di altri film e opere letterarie comunemente etichettate come "fantasy", ma che sono fantasiose soltanto nelle figure allegoriche usate, mentre le entità spirituali in parte rappresentate da esse esistono e sono tanto reali quanto lo siamo noi in questa dimensione.

Direi ai ragazzi (io però ho solo qualche anno in più di loro e di errori ne ho commessi pure io) che è pericoloso e sbagliato usare formule magiche, rituali e invocazioni dirette agli spiriti, ai demoni e alle anime dei defunti. Direi inoltre a tutte le persone che è possibile nella preghiera rivolgersi agli Angeli di Dio per averne aiuto e luce, che la loro Regina è potente, che Dio ci vuole suoi figli tramite il Suo Cristo e che invocare lo Spirito Santo di Dio ci apre realmente le porte delle altre dimensioni, ma di quelle celesti, conducendoci attraverso questa vita verso la vita eterna, non come spaventati e vessati mortali, ma come gloriosi Figli del Re.



"Per crucem, ad lucem"