sabato 30 novembre 2013

Appunti della lezione di farmacologia: somministrazione di farmaci per endovena, intramuscolo e con inalatore

La somministrazione di un farmaco per endovena consiste nell'iniettare il farmaco direttamente nella vena di una persona, o di un animale. Qui si fa riferimento comunque ad una persona della specie umana. La vene migliori saranno sufficientemente ampie e facilmente reperibili. Sono all'incirca quelle che si sceglierebbero per eseguire un prelievo di sangue, quindi il CVP (catetere venoso periferico) o l'ago cannula andranno per lo più infilati nella vena di un braccio, e solo secondariamente si cercheranno altri punti di repere venosi periferici, per esempio il dorso della mano o del piede. La cosa importante alla fine è che il farmaco arrivi in vena. Il medico può decidere di inserire un CVC (catetere venoso centrale) in succlavia sia per motivi di nutrizione del paziente che di somministrazione di farmaci. Il CVC posizionato solitamente dall'anestesista evita comunque il problema di non riuscire a trovare una vena, perché un certi pazienti non è facile per niente. Per certi farmaci è importante tenere conto del calibro del vaso venoso. Il farmaco che andrà iniettato in vena sarà in forma liquida e il fatto che si tratti di un liquido non significa che esso può anche eventualmente essere bevuto dal paziente (no, non è la stessa cosa!) e neppure iniettato via intramuscolo o nel sottocute. Attenzione dunque: è fondamentale informarsi bene circa la corretta via di somministrazione altrimenti si rischio di fare intramuscolo un farmaco che andava fatto in vena o vicerversa (!).
Ci sono alcuni farmaci che sono irritanti per le pareti vasali, e rischiano di provocare una flebite, cioè un'infiammazione della vena. In tal caso si spera magari di poter procedere con una somministrazione intramuscolo.
L'eparina invece non va mai iniettata nel muscolo, dove potrebbe provocare ematomi, bensì nel sottocute. Si tratta di un anticolagulante.

La via endovenosa presenta una biodisponibilità del 100%, cioè tutto il farmaco arriva direttamente nel circolo sistemico.

L'iniezione intramuscolare prevede invece che il farmaco arrivi al muscolo (solitamente il grande gluteo, la muscolatura femorale oppure il deltoide che è il muscolo della spalla). Il farmaco per iniezione intramuscolare si può presentare in fiale, liquido oppure in flaconi con o senza miscelatore (diluizione con solvente e farmaco soluto in polvere da sciogliere nel solvente per essere iniettato). L'iniezione intramuscolare se praticata così così può dare dolenzia del muscolo, specialmente se chi pratica l'iniezione non valuta bene il sito di iniezione sul gluteo e va ad irritare il nervo sciatico. Un altro inconveniente è la possibile risalita del farmaco iniettato dal muscolo al sottocute soprastante. Per impedire questo inconveniente, si dovrà tendere la cute con le dita della mano libera mentre si pratica l'iniezione, per poi rilasciare la cute DOPO avere estratto l'ago. In tal modo si va generare una linea detta "Z track" o linea Z, cioè si va a sfalsare il canale formato dall'inserzione dell'ago una volta che l'ago è stato rimosso e la cute rilasciata. In tal modo si impedisce la risalita del farmaco dal muscolo al sottocute.

I farmaci applicati sulla pelle penetrano nel sottocute mentre altri vengono assorbiti dai capillari del microcircolo. La sede di applicazione è locale e lo è anche l'effetto, come nel caso di unguenti e pomate, ma nel caso dei farmaci dei cerotti transdermici (es. nitroglicerina, nicotina, scopolamina), l'effetto diventa sistemico poiché il principio attivo passa attraverso la cute e raggiunge il microcircolo. Per avere una buona penetrazione cutanea, i farmaci ad applicazione topica devono essere lipofilici.

Un cerotto transdermico è solitamente formato da tre strati:
1. strato adesivo
2. strato poroso
3. strato impermeabile

Lo strato adesivo contiene il principio attivo e il collante che mantiene il cerotto adeso alla cute. Lo strato poroso è una membrana e lo strato impermeabile serve per rendere il cerotto idrorepellente, che non penetri acqua negli strati sottostanti.

Cosa si intende per tachifilassi? La tachifilassi è il processo per cui l'efficacia di un farmaco tende a diminuire nel tempo. Si può intendere come un processo di difesa delle cellule vasali nei confronti del farmaco che le raggiunge ripetutamente. I vasi smetteranno quindi di dilatarsi per accogliere il farmaco e le'effetto di quest'ultimo diminuirà nel tempo. Sarà dunque bene cambiare spesso il sito di applicazione del cerotto transdermico per evitare che il tessuto sviluppi tachifilassi.

Il cerotto transdermico va applicato indossando i guanti (non sterili) per evitare l'autosomministrazione, e lo stesso vale per gli unguenti e le pomate e in generale per tutti i famraci che penetrano tramite l'epidermide.

I dispositivi per la somministrazione di farmaci per via bronchiale e polmonare si chiamano inalatori. Vengono spesso usati dalle persone asmatiche. Le molecole di farmaco si aggregano tra di loro per formare particelle del diametro di circa 6 o 7 micron, le quali arrivano ai bronchi e correggono il broncospasmo dell'asmatico.
Quando il paziente inala il farmaco, parte di esso precipita nel cavo orale oppure viene intrappolato dal sistema muco-ciliare delle cellule che rivestono l'epitelio delle prime vie aeree. Talvolta il paziente deglutisce il farmaco. In tal caso si possono verificare effetti indesiderati. Il paziente andrà dunque istruito su come assumere correttamente il farmaco. Questi farmaci, destinati ad essere inalati, si trovano sotto forma di bomboletta spray o aerosol.  E' assente l'effetto di primo passaggio epatico.

I farmaci somministrati per via transmucosa comprendono:
- via congiuntivale locale
- via intranasale locale o sistemica
- via intravaginale locale
- via intrauterina locale

Appunti della lezione di farmacologia. Vantaggi e svantaggi della somministrazione di farmaci per via orale, sublinguale e rettale; effetto di primo passaggio epatico

Un farmaco può agire a livello locale, essere somministrato a livello locale, oppure agire a distanza dal sito di somministrazione.
Se ad esempio desidero curare una congiuntivite, potrò somministrare al mio paziente il farmaco antibiotico direttamente mettendolo nella sua congiuntiva infetta. Si tratterà questa di un'applicazione locale, detta anche topica (= localizzata).

Se invece non posso applicare direttamente il medicamento sul sito che desidero curare, perché magari si tratta di un tessuto facente parte di un organo interno al corpo, non è che per forza di cose si porta il paziente in sala operatoria e lo si apre per applicare il farmaco sul tessuto interno (che follia che sarebbe), pertanto dovrò somministrare il farmaco dall'esterno (per bocca o iniettandolo ecc) e il suo principio attivo sarà poi trasportato (dal sangue circolante!) al tessuto che desidero curare. Ovviamente sarà trasportato anche ad altri tessuti di altri organi che non sono malati, ed ecco perché alcuni farmaci danno effetti collaterali a livello di altri distretti organici...

...si parla di "assorbimento di un farmaco" per indicare il passaggio del farmaco dai siti di assorbimento AL SANGUE.

La maggior parte dei farmaci che si applicano sulla cute hanno un effetto topico, ma alcuni hanno effetto sistemico, ad es. i cerotti tansdermici.

La parte fisiologicamente deputata all'assorbimento delle sostanze alimentari come dei farmaci ingeriti NON è il fegato, che ha ruolo metabolico piuttosto, bensì l'intestino tenue. Quando si somministra un farmaco per via orale (per bocca) si deve tenere conto delle variazioni del pH. Lo stomaco dove andrà a finire ha pH acido, mentre l'intestino tenue che lo dovrà assorbire ha pH più verso la neutralità (cioè circa 7). Si dovrà tenere conto di questo ed incapsulare il farmaco in modo che i succhi gastrici dello stomaco non lo facciano fuori prima ch esso possa raggiungere il tenue. Una compressa è generalmente stratificata, cioè ci sono più strati. Questi preparati sono a lento rilascio. Lo strato esterno di rivestimento si scioglie e alla fine il farmaco libera il principio attivo nel tenue, dove sarà assorbito. Se il farmaco non è stato sperimentato su pazienti pediatrici, allora la casa farmaceutica è obbligata a scrivere che quel farmaco non è consigliato ai minori di 12 anni, in realtà può andare bene in certi casi anche per i bambini ma ovviamente va modificato il dosaggio e comunque il tutto dovrebbe sempre essere controllato dal medico pediatra.
Le compresse che resistono al pH acido dello stomaco sono dette gastro-resistenti. Il solco di incisione sulla compressa indica che essa può essere spezzata in due sulla riga del solco. Se non c'è il solco, non è consigliabile rompere la compressa perché ciò potrebbe limitare l'assorbimento del principio attivo.

Cosa intendiamo per  BIODISPONIBILITA' di un farmaco?? Questo concetto riguarda ovviamente le vie sistemiche ad eccezione di quella endovenosa. Infatti, per biodisponibilità si intende la percentuale di principio attivo somministrato che effettivamente riesce a raggiungere il circolo sanguigno sistemico (diciamo dall'aorta in giù) nonché la rapidità con la quale questa quantità di principio attivo riesce appunto ad immettersi nel circolo. Ecco perché la biodisponibilità non riguarda la somministrazione direttamente in vena, per la quale sarà ovviamente del 100% dato che il farmaco (o in generale qualsiasi sostanza) immessa direttamente in vena raggiunge per forza di cose il circolo sistemico in brevissimo tempo. Solo la via endovenosa ha infatti una biodisponibilità del 100%. Per le altre vie la percentuale varia e in certi casi diventa alquanto bassa. Ad esempio, un principio attivo può avere una bassa biodisponibilità se il farmaco viene assunto per via orale (OS, cioè oral somministration) ma una biodisponibilità più elevata se viene iniettato per via intramuscolare.

La biodisponibilità di un farmaco è influenzata anche da fattori individuali, come il metabolismo pre-sistemico, la motilità gastrica ecc.

La maggior parte dei farmaci assunti per via orale è assorbita a livello dell'intestino tenue (villi e microvilli con i capillari). Se il paziente ha poca motilità gastrico lo stomaco non fa arrivare la compressa o pastiglia del farmaco rapidamente, ma ci metterà più tempo. A volte mangiare qualcosa in concomitanza con l'assunzione della pastiglia o pastiglie aumenta la motilità gastrica e facilità il passaggio del farmaco dallo stomaco al duodeno e al tenue.

Anche una condizione di eccessivo riempimento gastrico (stomaco troppo pieno di cibo! Ha mangiato troppo! Si è ingozzato!) detto replezione, esteso anche in generale all'apparato digerente per intero, fa in modo che il cibo si interponga tra la parete dello stomaco prima, e dell'intestino poi, e impedisca l'assorbimento del farmaco che rimane "bloccato dentro tutto quel cibo, anzi quel chimo e poi chilo" pertanto il pasto non deve mai essere abbondante ma sempre moderato, e comunque questa  buona regola di salute vale anche quando non si assume alcun farmaco. La replezione inibisce la peristalsi, fa venire nausea a volte... invece la moderata assunzione di cibo, non troppo velocemente e senza "ingozzarsi" in fretta e furia, stimola la peristalsi, quindi l'assorbimento e anche, nel caso del cibo digerito, la formazione delle feci e la loro evacuazione. Vanno inoltre evitati cibi troppo grassi...perché molti farmaci sono sostanze lipofile... e perché i cibi ricchi di grassi "fanno male", diciamo così senza dilungarsi ora sui dettagli del perché e per come, ma è così...

Per quanto riguarda le preparazioni farmaceutiche, le forme liquide vengono assorbite prima e più facilmente delle forme solide.

Le forme liquide sono gli sciroppi, le emulsioni, i beveroni, le sospensioni, gli elisir... le forme solide sono le compresse, le pastiglie e le capsule.

N.B. Le capsue dei preparati a lento rilascio non vanno MAI aperte né fantumate, bensì ingerite tutte intere così come sono. Se non è possibile ingoiarle intere o il dosaggio sarebbe eccessivo, è necessario cambiare forma farmaceutica.

Moltissimi farmaci, forse la maggior parte di essi, vengono assunti per via orale (OS). Il vantaggio della via orale è che il paziente li può assumere autonomamente se è in grado, e non ha bisogno che qualcuno glieli somministri, come invece spesso accade nel caso delle iniezioni intramuscolo. La compliance del paziente, cioè la sua aderenza al protocollo terapeutico stabilito, è maggiore. La via orale è più sicura, più economica, più comoda. Gli svantaggi invece riguardano il fatto che il paziente deve essere collaborante, almeno per il fatto che deve poter deglutire senza problemi il farmaco. La comparsa dell'effetto del farmaco è più tardiva ovviamente di quella del farmaco somministrato endovena o iniettato intramuscolo o sottocute.  Talvolta sono necessarie più somministrazioni al giorno. Inoltre, in alcuni casi ci possono essere effetti gastrolesivi, come nel caso dei FANS (farmaci anti infiammatori non steroidei) che vanno assunti a stomaco abbastanza pieno oppure insieme ad un farmaco che fornisce protezione gastrica (gastroprottettivo o "salvastomaco").

N.B. La via orale NON va assolutamente confusa con la via sublinguale. Nel primo caso (OS) il farmaco viene ingoiato e transita attraverso l'apparato digerente, dove viene assorbito al ivello del tenue. Nel secondo caso, il principio attivo è rilasciato sotto la lingua, nella mucosa, e penetra nei capillari sotto la lingua, finendo direttamente nel circolo. La via sublinguale è più diretta e rapida di quella orale.  La pastiglia sublinguale va sciolta sotto la lingua e non deglutita.

Molti farmaci cardioattivi, per il cuore, vanno assunti per via sublinguale, come pure alcuni farmaci per regolare la pressione.

Facciamo un esempio tratto dalla vita quotidiana (se ne vedono di tutti i colori): una persona vuole assumere un farmaco anti infiammatorio e prende una bustina di OKI (ketoprofene sotto forma di sali di lisina) che fa parte della categoria dei FANS (farmaci anti infiammatori non steroidei). Vediamo che tale individuo non si preoccupa di procurarsi un bicchiere con dell'acqua e un cucchiaino per sciogliere il farmaco, bensì apre la bustina e si ficca la polverina sotto la lingua. Se capita qualche cosa al paziente, qualsiasi cosa, riconducibile a quel farmaco, la casa farmaceutica non ne risponderà a livello legale in quanto i suoi avvocati profumatamente pagati diranno che il paziente ha sbagliato via di somministrazione, in quanto era scritto che il farmaco andava assunto sciolto nell'acqua e non per via sublinguale.

C'è una via in parte analoga a quella sublinguale, nel senso che sfrutta la presenza della mucosa e dei capillari sottostanti: è quella dell'orifizio anale. I farmaci assunti per via rettale si trovano in forma di supposte. La mucosa che riveste l'ano e il retto è ben irrorata di sangue, pertanto anche la supposta può avere una buona biodisponibilità, tranne nel caso in cui il retto sia ostruito da materiale fecale, il quale limiterebbe l'assorbimento del principio attivo. Quindi prima di usare o somministrare una supposta, specie a persone non molto in controllo delle loro funzioni fisiologiche o della loro igiene personale a riguardo, andrebbe controllata la pervietà del retto. Se è presente materiale fecale, lo si deve rimuovere o pulire o in certi casi è bene praticare un clistere o enteroclisma anche a basso volume prima di procedere con la somministrazione della supposta. Per i bambini basta che sia pulito.

Un vantaggio della via sublinguale e di quella rettale è quello di saltare l'effetto di primo passaggio epatico, cioè il metabolismo epatico dei farmaci che invece avviene quando il farmaco è assunto per via orale e assorbito dal sangue nell'intestino tenue e quindi subito portato al fegato. Inoltre, se il paziente ha nausea e vomito o è disfagico, cioè fatica a deglutire bene, la via rettale evita problemi. Va bene anche per pazienti con problemi cognitivi o alterazione dello stato di coscienza.  Gli svantaggi della via rettale riguardano le patologie ano-rettali oppure le emorroidi. A volte una persona, a livello psicologico, può sentirsi imbarazzata... un bambino può cercare di espellere la supposta pensando di avere lo stimolo ad evacuare. Un anziano con problemi cognitivi può fare la medesima cosa o dirsi infastidito finché la supposta non si scioglie.

L'effetto di primo passaggio epatico riguarda sostanzialmente la via di somministrazione orale del farmaco. Il sangue che è refluo dall'intestino arriva al fegato, dove viene in buona parte inattivato. Al SNC arriva poco di quel farmaco. Anche il farmaco somministrato endovena verrà metabolizzato, perché attraverso il sangue arriva a tutti i tessuti, anche al fegato, ma dopo essere arrivato all'organo bersaglio (a meno che l'organo bersaglio non sia il fegato stesso). La via orale invece fa arrivare il farmaco al fegato prima che ai tessuti cui è destinato, il fegato lo metabolizza in buona parte e all'organo bersaglio arriva solo quel che resta di esso.




Appunti delle lezioni di farmacologia: origine e nome dei farmaci, utilizzodella tossina botulinica, esotossicosi da acqua

La parola "farmaco" deriva dal greco PHÀBMAKON (phàrmakon) e ha un significato duplice (come una medaglia con due facce): rimedio da un lato e veleno dall'altro... il che rende bene il concetto che un farmaco è a volte un po' come un'arma a doppio taglio, nel senso che all'effetto medicinale, terapeutico, benefico, talvolta si associa l'effetto collaterale.

I farmaci sono sostanze esogene (provengono cioè dall'esterno dell'organismo) e possono essere di origine naturale (ad es. estratti da piante come l'artemisina o l'atropina, di muffe come la penicillina, oppure di origine animale come un tempo l'insulina dai maiali, o l'eparina, o di origine minerale come i sali di litio, il ferro...) oppure di sintesi (prodotti in laboratorio). Un farmaco induce cambiamenti funzionali nelle cellule dei tessuti di un organismo vivente, e tali cambiamenti possono avere un effetto benefico per l'organismo, oppure nocivo. Queste modifiche funzionali possono essere di tipo chimico o anche fisico-chimico. Un farmaco può essere utilizzato, da solo o in combinazione con altri farmaci e sostanze, per prevenire una malattia, per diagnosticare una malattia ed infine per curare una malattia.

Con la parola farmaco in realtà si farebbe riferimento più che altro alla sostanza che ha effetto terapeutico, quindi al principio attivo. La parola medicamento invece fa riferimento al farmaco con l'aggiunta dei coadiuvanti, che sono altre sostanze che non sono terapeutiche in sé stesse ma che aiutano il farmaco a funzionare, per esempio, ad essere assunto dal paziente e/o assimilato.

Quando andiamo in farmacia, acquistiamo una specialità medicinale in forma commerciale, oppure un preparato personalizzato (detto galenico). 

Accanto ad alcuni preparati semi-sintetici (o semi-naturali) come alcuni antibiotici ci sono i farmaci biotecnologici (anticorpi monoclonali, alcuni enzimi, l'insulina...).

Nomi dei farmaci:
1. nome chimico: N-acetil-p-aminofenolo
2. nome generico: paracetamolo
3. nome commerciale: Tachipirina, Acetamol, Efferalgan (nomi registrati).

L'azienda produttrice o casa farmaceutica assegna alla molecola sintetizzata un nome generico, e poi un nome commerciale, per venderlo. Il nome generico deve sempre essere comunque riportato sul foglietto illustrativo del farmaco, e spesso è stampato anche sulla confezione esterna, sotto il nome commerciale. E' importante leggere e memorizzare il nome generico del farmaco oltre al suo nome commerciale, così è possibile chiedere, comprare, somministrare e utilizzare specialità medicinali con lo stesso principio attivo anche se dal diverso nome commerciale, ma ciò raramente ha importanza. Diciamo che l'equivalente generico di un farmaco famoso commerciale è un farmaco "non firmato", "non griffato", ad es. dire furosemide al posto di Lasix (è un diuretico)... per rendere l'idea, è un po' come i jeans, nel senso che una persona può acquistare un bel paio di jeans fatti bene, comodi, belli, e che le stanno benissimo e svolgono ottimamente la loro funzione anche senza che siano firmati Dolce & Gabbana o quello che è. I farmaci generici sono farmaci funzionanti come quelli famosi a livello del nome commerciale. Non sono farmaci "che funzionano meno" e non sono farmaci "taroccati" o "imitazioni inferiori" dei loro equivalenti (equivalenti, appunto!) famosi per il loro nome commerciale e sponsorizzati magari in televisione o sulle riviste (cosa che spesso capita a farmaci analgesici da banco per il mal di testa, i sintomi influenzali e via dicendo).

Il farmaco detto "da banco" è una specialità medicinale che non necessita di prescrizione medica (impegnativa del medico di base, ricetta, etc) per essere acquistata in farmacia.

Il preparato generico poi generalmente costa meno di quello "griffato", perché non si paga il nome...

...spesso il farmaco commerciale e il suo equivalente generico co-esistono, ma una volta scaduto il brevetto della casa farmaceutica, chiunque può produrre quel farmaco, nel senso di altre aziende farmaceutiche.


Parliamo ora della tossina botulinica. Essa è una delle sostanze di origine naturale più tossiche. E' una tossina batterica, di origine proteica, fortemente neurotissica. E' prodotta dal batterio Chlostridium botulinum. Pur essendo molto tossica, se opportunamente trattata e in piccolissime dosi, essa può essere usata per vari scopi terapeutici. Il suo nome commerciale è Botox. La tossina botulinica ha come principale effetto quello di essere un potente miorilassante, ma nel senso che provoca veramente la paralisi muscolare. Si tratta di paralisi flaccida, quindi i muscoli perdono tono, diventano molli, flaccidi, non si contraggono, ultra-rilassati. Questo effetto paralitico è opposto a quello della tossina tetanica che invece, anch'essa neurotossica, dà paralisi spastica (rigida, muscoli contratti). La tossina botulinica agisce a livello dei recettori dell'acetilcolina e sulla placca neuromuscolare. Il Botox però, che contiene la tossina a modiche dosi, viene usato, per esempio, per distendere le rughe del viso...dando al volto un aspetto più giovane... o più "da mummia inespressiva", a seconda dei punti di vista ; ) perché alla lunga il trattamento estetico con il Botox compromette la mimica facciale.

Ovviamente l'effetto del Botox non è che dura "per tutta la vita" ma solo per un periodo... poi finisce e le rughe ricompaiono e allora è necessario ripetere il trattamento, peraltro costoso... "soldi buttati via", pensano alcuni/e, ma anche qui oguno ha le sue idee personali...

Piuttosto, è da considerare più importante dal punto di vista medico l'effetto miorilassante della tossina botulinica somministrata in piccole dosi in pazienti con problemi spastici a livello muscolare (spasmi, contratture) quindi con l'effetto di de-contrarre i distretti muscolari in cui viene iniettata. Ovviamente il dosaggio sarà molto basso e il trattamente è locale.

Parliamo ora di una molecola fondamentale per la vita: l'acqua (H2O). Molte persone pensano che bere molta acqua faccia davvero bene alla salute..... non si può dare loro torto, ma non sempre è così. Dipende! Un paziente con problemi di edema, che è in terapia con diuretici per eliminare i liquidi in eccesso, non potrà certo bere acqua a volontà ma seguirà un regime di restrizione idrica, per esempio. 
Oltre ai casi patologici però esiste la reale possibilità di morire per esotossicosi da acqua. Questo avviene se si beve una enorme quantità di acqua in poco tempo. Non per niente ficcare un tubo in gola ad una persona e versarvi litri e litri di acqua di continuo ne provocava la morte e ciò era una forma di tortura... ma il decesso non è che avveniva perché "scoppiava lo stomaco" da quanto pieno era (beh, a volte forse avveniva realmente) ma più che altro, quando si parla di esotossicosi da acqua, si parla della formazione di un edema a livello cerebrale, cioè un accumulo anomalo di liquido, di acqua, che fa aumentare la pressione intracranica portando la persona al coma e quindi alla morte. L'intervento che riduce e poi elimina l'edema cerebrale impedisce il decesso e salva la vita al paziente.
Ma chi mai potrebbe cercare di uccidersi bevendo litri e litri di acqua senza fermarsi?! Non si parla di un mezzo di suicidio (per carità, non pensateci neanche: life is beautiful though sometimes tough) bensì di un comportamento che potrebbe in certi casi riguardare persone con serie infermità mentali ad es. demenza senile o morbo di Alzheimer (questi pazienti non hanno più il senno e non percepiscono la sete, e a volte tendono a bere o anche a mangiare praticamente di continuo se viene loro consentito l'accesso agli alimenti e alle bevande). Alcuni pazienti psichiatrici possono avvertire una sorta di compulsione a bere anche quando non hanno alcun bisogno di idratarsi. Anche alcuni bambini piccoli possono provare il desiderio di bere molto più del necessario (es. dal biberon riempito di tè freddo o acqua), ma in questo caso bisognerà valutare bene il perché lo fanno e correggere il comportamento educandoli a distinguere sete e fame fisiologiche da quelle "viziate".