sabato 30 novembre 2013

Appunti delle lezioni di farmacologia: origine e nome dei farmaci, utilizzodella tossina botulinica, esotossicosi da acqua

La parola "farmaco" deriva dal greco PHÀBMAKON (phàrmakon) e ha un significato duplice (come una medaglia con due facce): rimedio da un lato e veleno dall'altro... il che rende bene il concetto che un farmaco è a volte un po' come un'arma a doppio taglio, nel senso che all'effetto medicinale, terapeutico, benefico, talvolta si associa l'effetto collaterale.

I farmaci sono sostanze esogene (provengono cioè dall'esterno dell'organismo) e possono essere di origine naturale (ad es. estratti da piante come l'artemisina o l'atropina, di muffe come la penicillina, oppure di origine animale come un tempo l'insulina dai maiali, o l'eparina, o di origine minerale come i sali di litio, il ferro...) oppure di sintesi (prodotti in laboratorio). Un farmaco induce cambiamenti funzionali nelle cellule dei tessuti di un organismo vivente, e tali cambiamenti possono avere un effetto benefico per l'organismo, oppure nocivo. Queste modifiche funzionali possono essere di tipo chimico o anche fisico-chimico. Un farmaco può essere utilizzato, da solo o in combinazione con altri farmaci e sostanze, per prevenire una malattia, per diagnosticare una malattia ed infine per curare una malattia.

Con la parola farmaco in realtà si farebbe riferimento più che altro alla sostanza che ha effetto terapeutico, quindi al principio attivo. La parola medicamento invece fa riferimento al farmaco con l'aggiunta dei coadiuvanti, che sono altre sostanze che non sono terapeutiche in sé stesse ma che aiutano il farmaco a funzionare, per esempio, ad essere assunto dal paziente e/o assimilato.

Quando andiamo in farmacia, acquistiamo una specialità medicinale in forma commerciale, oppure un preparato personalizzato (detto galenico). 

Accanto ad alcuni preparati semi-sintetici (o semi-naturali) come alcuni antibiotici ci sono i farmaci biotecnologici (anticorpi monoclonali, alcuni enzimi, l'insulina...).

Nomi dei farmaci:
1. nome chimico: N-acetil-p-aminofenolo
2. nome generico: paracetamolo
3. nome commerciale: Tachipirina, Acetamol, Efferalgan (nomi registrati).

L'azienda produttrice o casa farmaceutica assegna alla molecola sintetizzata un nome generico, e poi un nome commerciale, per venderlo. Il nome generico deve sempre essere comunque riportato sul foglietto illustrativo del farmaco, e spesso è stampato anche sulla confezione esterna, sotto il nome commerciale. E' importante leggere e memorizzare il nome generico del farmaco oltre al suo nome commerciale, così è possibile chiedere, comprare, somministrare e utilizzare specialità medicinali con lo stesso principio attivo anche se dal diverso nome commerciale, ma ciò raramente ha importanza. Diciamo che l'equivalente generico di un farmaco famoso commerciale è un farmaco "non firmato", "non griffato", ad es. dire furosemide al posto di Lasix (è un diuretico)... per rendere l'idea, è un po' come i jeans, nel senso che una persona può acquistare un bel paio di jeans fatti bene, comodi, belli, e che le stanno benissimo e svolgono ottimamente la loro funzione anche senza che siano firmati Dolce & Gabbana o quello che è. I farmaci generici sono farmaci funzionanti come quelli famosi a livello del nome commerciale. Non sono farmaci "che funzionano meno" e non sono farmaci "taroccati" o "imitazioni inferiori" dei loro equivalenti (equivalenti, appunto!) famosi per il loro nome commerciale e sponsorizzati magari in televisione o sulle riviste (cosa che spesso capita a farmaci analgesici da banco per il mal di testa, i sintomi influenzali e via dicendo).

Il farmaco detto "da banco" è una specialità medicinale che non necessita di prescrizione medica (impegnativa del medico di base, ricetta, etc) per essere acquistata in farmacia.

Il preparato generico poi generalmente costa meno di quello "griffato", perché non si paga il nome...

...spesso il farmaco commerciale e il suo equivalente generico co-esistono, ma una volta scaduto il brevetto della casa farmaceutica, chiunque può produrre quel farmaco, nel senso di altre aziende farmaceutiche.


Parliamo ora della tossina botulinica. Essa è una delle sostanze di origine naturale più tossiche. E' una tossina batterica, di origine proteica, fortemente neurotissica. E' prodotta dal batterio Chlostridium botulinum. Pur essendo molto tossica, se opportunamente trattata e in piccolissime dosi, essa può essere usata per vari scopi terapeutici. Il suo nome commerciale è Botox. La tossina botulinica ha come principale effetto quello di essere un potente miorilassante, ma nel senso che provoca veramente la paralisi muscolare. Si tratta di paralisi flaccida, quindi i muscoli perdono tono, diventano molli, flaccidi, non si contraggono, ultra-rilassati. Questo effetto paralitico è opposto a quello della tossina tetanica che invece, anch'essa neurotossica, dà paralisi spastica (rigida, muscoli contratti). La tossina botulinica agisce a livello dei recettori dell'acetilcolina e sulla placca neuromuscolare. Il Botox però, che contiene la tossina a modiche dosi, viene usato, per esempio, per distendere le rughe del viso...dando al volto un aspetto più giovane... o più "da mummia inespressiva", a seconda dei punti di vista ; ) perché alla lunga il trattamento estetico con il Botox compromette la mimica facciale.

Ovviamente l'effetto del Botox non è che dura "per tutta la vita" ma solo per un periodo... poi finisce e le rughe ricompaiono e allora è necessario ripetere il trattamento, peraltro costoso... "soldi buttati via", pensano alcuni/e, ma anche qui oguno ha le sue idee personali...

Piuttosto, è da considerare più importante dal punto di vista medico l'effetto miorilassante della tossina botulinica somministrata in piccole dosi in pazienti con problemi spastici a livello muscolare (spasmi, contratture) quindi con l'effetto di de-contrarre i distretti muscolari in cui viene iniettata. Ovviamente il dosaggio sarà molto basso e il trattamente è locale.

Parliamo ora di una molecola fondamentale per la vita: l'acqua (H2O). Molte persone pensano che bere molta acqua faccia davvero bene alla salute..... non si può dare loro torto, ma non sempre è così. Dipende! Un paziente con problemi di edema, che è in terapia con diuretici per eliminare i liquidi in eccesso, non potrà certo bere acqua a volontà ma seguirà un regime di restrizione idrica, per esempio. 
Oltre ai casi patologici però esiste la reale possibilità di morire per esotossicosi da acqua. Questo avviene se si beve una enorme quantità di acqua in poco tempo. Non per niente ficcare un tubo in gola ad una persona e versarvi litri e litri di acqua di continuo ne provocava la morte e ciò era una forma di tortura... ma il decesso non è che avveniva perché "scoppiava lo stomaco" da quanto pieno era (beh, a volte forse avveniva realmente) ma più che altro, quando si parla di esotossicosi da acqua, si parla della formazione di un edema a livello cerebrale, cioè un accumulo anomalo di liquido, di acqua, che fa aumentare la pressione intracranica portando la persona al coma e quindi alla morte. L'intervento che riduce e poi elimina l'edema cerebrale impedisce il decesso e salva la vita al paziente.
Ma chi mai potrebbe cercare di uccidersi bevendo litri e litri di acqua senza fermarsi?! Non si parla di un mezzo di suicidio (per carità, non pensateci neanche: life is beautiful though sometimes tough) bensì di un comportamento che potrebbe in certi casi riguardare persone con serie infermità mentali ad es. demenza senile o morbo di Alzheimer (questi pazienti non hanno più il senno e non percepiscono la sete, e a volte tendono a bere o anche a mangiare praticamente di continuo se viene loro consentito l'accesso agli alimenti e alle bevande). Alcuni pazienti psichiatrici possono avvertire una sorta di compulsione a bere anche quando non hanno alcun bisogno di idratarsi. Anche alcuni bambini piccoli possono provare il desiderio di bere molto più del necessario (es. dal biberon riempito di tè freddo o acqua), ma in questo caso bisognerà valutare bene il perché lo fanno e correggere il comportamento educandoli a distinguere sete e fame fisiologiche da quelle "viziate".

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