lunedì 10 febbraio 2014

La tubercolosi e le misure di isolamento



La tubercolosi e le misure di isolamento 
(appunti della lezione, dicembre 2013)

La TBC è una malattia infettiva di eziologia batterica (Mycobacterium tubercularis) che si trasmette per via aerea. Tende a cronicizzare, ma può anche rivelarsi fatale in certi casi, specialmente in persone defedate, cioè immunocompromesse.
L’Italia è un Paese considerato “a bassa incidenza” per la TBC. La classificazione internazionale standard della TBC ammette 6 classi (da 0 a 5). 
Gli individui che rientrano nella “classe 0” sono sani, non hanno mai avuto contatti con il batterio responsabile dell’infezione tubercolare e non hanno quindi alcun segno di infezione neppure latente. 
Gli individui che rientrano nella “classe 1” sono entrati in contatto con il patogeno, ma non ne sono stati infettati neppure in latenza, tuttavia il test tubercolinico per loro ha esito positivo, il che indica che l’organismo è entrato in contatto con il batterio, anche se in questo caso non ne è stato infettato.
Gli individui che rientrano nella “classe 2” hanno un’infezione da TBC latente, quindi sono positivi al test, ma non presentano segni clinici di malattia (batteriologici, radiografici…).
Gli individui che rientrano nella “classe 3” sono infetti e la loro tubercolosi è attiva, slatentizzata a livello polmonare e/o extra polmonare, risultando positivi per tutti i criteri clinici senza lasciare dubbi alla diagnosi anche eventualmente autoptica.
Gli individui che rientrano nella “classe 4” sono infetti da una tubercolosi clinicamente non attiva. La loro anamnesi indica che in passato hanno avuto la malattia in forma attiva, la quale poi si è fermata, tornando latente e quindi non vi è evidenza clinica di TBC attiva, tuttavia i referti radiografici sono anomali e il test è positivo.
Gli individui che rientrano nella “classe 5” sono sospettati di avere la TBC, perciò viene considerata l’ipotesi diagnostica la quale però non è confermata. Si esegue comunque il trattamento in molti di questi casi, a meno che non si arrivi ad una diagnosi che escluda la TBC. Ad ogni modo un “sospetto di TBC” non potrà comunque protrarsi per oltre 3 mesi.
Quando si trova un paziente con TBC ci si deve anche chiedere se non si tratti di un nuovo caso, oppure di una recidiva, anche di un caso che era già stato trattato in passato. L’ultima ipotesi è che si tratti di un caso cronico in cui il trattamento non riesce a risolvere l’infezione, la quale cronicizza. La recidiva avviene quando un paziente era stato considerato “guarito” ma poi viene nuovamente posta una diagnosi di TBC.
L’OMS ha stabilito inoltre altre categorie riguardo l’esito del trattamento della TBC:
-        Un paziente potrà guarire.
-        Oppure riuscirà a terminare il ciclo di terapia
-        A volte la terapia può fallire
-        A volte il trattamento viene interrotto (mancata compliance)
-        A volte il paziente viene trasferito in un altro centro di cura
-        Oppure si perdono le sue tracce e non si riesce a fare il follow-up
-        Il paziente è ancora in trattamento
-        Il paziente è deceduto
La TBC è infettiva, è contagiosa. La sede è il polmone ma possono essere colpiti anche altir organi (reni, ossa, apparato digerente, prime vie aeree). La radiografia del torace mostra i segni polmonari (caverne, cavitazioni). Il paziente solitamente ha tosse, starnuti ecc.
Al fine di contenere il contagio è bene applicare misure preventive quali coprire naso e bocca durante gli atti di tosse e gli starnuti. Durante l’assistenza, evitare rischi di “farsi tossire in faccia”, specialmente durante pratiche che possono indurre ulteriore tosse o generare aerosol.
Ovviamente è importante considerare il tempo di esposizione, la frequenza dei contatti e per quanto tempo si è stati in contatto con la persona infetta da TBC.
Se l’ambiente è uno spazio chiuso (es. cameretta poco aerata) non avviene il cambio d’aria e i droplets (le goccioline emesse con l’espettorato o lo starnuto) rimangono  in circolo nell’ambiente poco ventilato.
L’informazione circa la situazione dell’infezione da TBC dovrebbe fornita dall’OMS ma anche da organi nazionali, come il Ministero della Sanità, e locali (i vari dipartimenti di prevenzione delle ULSS territoriali, i distretti ecc.). Quando si trova un pz infetto, si deve segnalare il caso compilando un apposito modulo di segnalazione di malattia infettiva. E’ interessata tutta l’unità operativa, la dirigenza medica e il dipartimento di prevenzione. Negli ambienti di lavoro non sanitari, il datore di lavoro è obbligato a fare riferimento al medico competente.
Il contatto con una persona infetta può essere definito ad alto oppure a basso rischio. 
Il contatto con persona infetta è ad alto rischio se diretto per oltre otto ore cumulative (anche quindi con pause tra un’ora e l’altra…) oppure se indiretto ma per oltre 12 ore cumulative. Sono a rischio i contatti durante manovre come una spirometria, endoscopie ecc. anche ovviamente per poche ore.
Per assistere una persona infetta da TBC è necessario prendere precauzioni preventive contro i droplets infetti: guanti, mascherina, camice  (eventualmente visiera).
Gli agenti biologici si dividono in 4 gruppi, il primo gruppo comprende agenti che probabilmente non causano malattie in soggetti umani o molto raramente, ma il quarto gruppo comprende agenti biologici che causano malattie in soggetti umani, costituiscono un rischio per i lavoratori, si propagano in comunità e non sono disponibili adeguate misure profilattiche o terapeutiche. 

Il Mycobacterium tubercolosis appartiene al terzo gruppo, perché si propaga in comunità ma esistono adeguate misure profilattiche e terapeutiche. Anche il virus HIV è classificato nel terzo gruppo poiché è possibile fare una buona profilassi. Al quarto gruppo invece appartengono agenti infettivi temibili e poco gestibili come il virus Ebola o quello della febbre emorragica.
Al termine dell’assistenza è necessario rimuovere ed eliminare i DPI con attenzione e lavare le mani dopo la rimozione dei guanti e del camice, prima di avvicinare le mani al volto per togliere la mascherina. Le mani vanno lavate ogni volta e anche più volte se si sospetta di averle contaminate nel corso della svestizione.
In isolamento vanno rispettate delle precauzioni standard per impedire il contagio per via aerea o mediante droplets infetti, oltre che per diretto contatto con il paziente. Le precauzioni standard si applicano da TUTTI gli operatori sanitari verso TUTTI gli assistiti senza considerare la diagnosi o il presunto stato infettivo. Infatti, che un paziente sia o non sia infetto da qualche agente patogeno, quando si ha che fare con il suo sangue, e in generale tutti i fluidi corporei, le secrezioni, le escrezioni, la cute lesa e le mucose, si devono applicare le precauzioni del contatto diretto, quindi i guanti puliti (non sterili a meno che la procedura non li richieda esplicitamente). Spesso sono indicati anche dispositivi quali la mascherina e nel caso di manovre di venipuntura es. prelievo, o la rimozione di un ago cannula, anche la visiera i quanto queste manovre possono potenzialmente provocare uno schizzo di sangue che potrebbe finire nell’occhio dell’operatore. La persona con diagnosi infettiva andrebbe tenuta in camera singola e nei pressi è necessario che vi sia un contenitore per il corretto smaltimento dei taglienti (alibox in plastica gialla con il tappo rosso) e a disposizione di chi entra nella camera dell’assistito ci dovranno essere (si allestisce solitamente una postazione tipo banchetto vicino alla porta della camera, se essa non dispone di un’anticamera-filtro) i DPI come guanti puliti, mascherina, camice monouso, eventualmente occhiali o visiera.
La trasmissione per via aerea avviene mediante la disseminazione, nell’aria, di goccioline molto piccole, di diametro inferiore ai 5 micron. La camera singola del paziente infettivo dovrebbe avere un frequente ricambio d’aria (6 ricambi/ora) e possibilmente una pressione negativa. La porta di ingresso va tenuta chiusa. Chi entra deve indossare i DPI respiratori. Il personale ricettivo è bene si astenga dall’entrare, se possibile entrino i colleghi. Il trasporto del paziente va limitato il più possibile. Si deve usare il camice monouso ed educare il personale, i visitatori eventuali se consentiti, e anche l’assistito se possibile, a prendere precauzioni finalizzare ad evitare il contagio (educazione sanitaria).
I droplets sono goccioline di diametro superiore ai 5 micron, espulse con colpi di tosse e starnuti oppure parlando o durante procedure come broncoscopia, spirometria, aspirazione… i droplets sono potenzialmente pericolosi perché quelli provenienti dalla persona infetta possono contenere microbi che colonizzano le vie aeree, non rimangono sospesi nell’aria ma si depositano attorno alla sorgente fino ad una distanza di circa 1 metro.
Il contagio per contatto diretto o indiretto riguarda microbi quali quelli responsabili della scabbia, della gastroenterite da Clostridium difficile e in generale altre infezioni resistenti. Le infezioni da contatto correlate alla pratiche assistenziali consistono nel passaggio di microrganismi dall’assistito infetto o colonizzato all’assistente che diventa ospite suscettibile (cioè vulnerabile al contagio, soggetto a contagio).
Il contatto indiretto avviene tra una persona infetta o colonizzata ad un ospite suscettibile con un oggetto contaminato che fa da intermediario tra la fonte dell’infezione (l’assistito infetto o colonizzato) e l’ospite suscettibile. Potrebbero essere oggetti come biancheria da letto, protesi dentaria, abiti...
Anche qui le precauzioni per contenere il rischio di contagio includono l’isolamento del paziente sistemandolo in camera singola, non insieme ad altri degenti, e l’allestimento di una postazione filtro dove gi operatori o anche gli eventuali visitatori se ammessi potranno indossare i DPI: guanti puliti, mascherina o anche visiera, camice monouso aggiuntivo. Il trasporto del paziente andrà il più possibile limitato, va fatta l’educazione sanitaria agli operatori, all’assistito se possibile, e anche ai famigliari e ai visitatori se ammessi.
E’ importante educare gli assistiti a COPRIRE sempre colpi di tosse e starnuti con un fazzolettino di carta, mettendolo davanti alla bocca e al naso quando si tossisce o si starnutisce. Le mani se usate nude, senza fazzolettino, si riempiono di droplets infetti e vanno LAVATE perché la persona con le mani contaminate di microbi potrebbe toccare oggetti o stringere la mano a qualcuno e “passargli” i microbi.
LAVARSI LE MANI è fondamentale per non diffondere germi. Se l’assistito è allettato, può usare delle salviettine disinfettanti o un gel disinfettante (es. Esosan gel mani).
(cfr Linee Guida Ministero della Salute: prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari e soggetti ad essi equiparati, 7 febbraio 2013)