sabato 5 settembre 2015

"Diamo la colpa all'orso!" Ecco come strumentalizzare gli orsi del Trentino per non affrontare i problemi dell'uomo

Ecco un'altra intervista. Una donna che gestisce un rifugio montano situato a circa 2000 metri si lamenta che ha paura di incontrare un orso.
"Io amo uscire dal rifugio e passeggiare per rilassarmi, non vorrei fare brutti incontri", dice.
"La gente delle città non se ne rende conto", aggiunge.
Sono perplessa.
Questa tipa "pretende" di entrare nei boschi, di avvicinarsi alle vette, e " vuole fare tutto in completo relax e sicurezza ".
E' come pretendere di camminare sui carboni roventi, sui serpenti velenosi e sopra i cocci di vetro e fare tutto in relax come se niente fosse.
Ma CHI glielo ha ordinato di andare a passeggiare per quei sentieri?! Vuole il relax e la sicurezza? Scenda verso le vallate!!
E' ridicolo...siamo noi che dobbiamo riflettere, rispettare e adattarci all'ambiente, e invece pretendiamo che sia l'ambiente che, magicamente, si adatti a noi e alle nostre ambizioni personali (il relax in alta quota piuttosto che qualche decina di metri più in basso, per esempio, come se nelle vallate facesse schifo).
La signora ha paura di fare brutti incontri...la gente di città non capisce niente..."guardi cara signora che io, in città, mentre passeggiavo tranquillamente, di brutti incontri ne ho fatti più di lei: un tizio ubriaco mi ha minacciata con una bottiglia di vetro rotta. Un altro anni fa ha esibito i suoi genitali di fronte a me e alle mie amiche mentre stavamo andando a scuola. Un altro ancora si era avvicinato per offrirci bustine piene di polverina bianca. Ma lei si preoccupa fobicamente di avvistare un orso. Ma venga a farsi un giro dietro la stazione ferroviaria e poi discutiamo di "dove è il wild"... giusto perché la gente di città non ci capisce nulla, anziché andare in paranoia per un orso del Trentino, perché non si prende la briga di "andare in paranoia" per tanta umanità emarginata, resa violenta e intossicata da una società che dice di volere i diritti di tutti ma poi non tutela nessuno?"
Massimo rispetto per gli orsi, io amo gli animali.
(E so che talvolta, quando l'uomo è incapace di risolvere i problemi interni della società, devia l'attenzione su questioni che in realtà non dovrebbero essere problematiche, oppure "attribuisce la colpa di ogni male", a turno, "al demonio, ai poveri, ai tossicomani, agli stranieri e agli animali").

Trovo personalmente assurdo fare della presenza di qualche orso (introdotto dalla forestale oltretutto, monitorato con radiocollare) un problema al limite della fobia, e fregarsene altamente della presenza sul territorio di esseri umani allo sbando. Ma lo hanno capito che "non otterrano nulla di buono per gli animali e per l'ambiente se non vanno in soccorso della coscienza umana e della miseria umana? Ma lo hanno capito che "siamo tutti collegati" e tra di noi umani, e con l'ambiente e le altre specie? Non è possibile tutelare le specie animali se non si tutela davvero anche "l'animale-uomo", per dirla in qusti termini. Siamo parte dell'ambiente anche noi, non siamo trascendenti. Ci sono sempre più persone in difficoltà. Questo non fa paura, no??! Non avrà conseguenze, vero? Non solletica la coscienza neanche un po' ? Povero orso e soprattutto poveri noi.

lunedì 29 giugno 2015

La carità cristiana non è filantropia; il cristianesimo non è una filosofia umana, non è un pensiero umanista, bensì l'elaborazione complessa di una serie di informazioni rivelate di origine non umana e non terrestre.

Ultimamente ricevo email da persone che (chiedendo finanziamenti) sostengono di aderire ad una...diciamo "corrente filosofica" (o ideologica, se preferite) che chiamano "umanesimo cristiano".

In filosofia, l'umanesimo cristiano era una corrente del XVI secolo, uno degli esponenti fu Erasmo da Rotterdam che cercò di conciliare i principi dell'umanesimo con quelli del cristianesimo. L'uomo era posto al centro della Chiesa e veniva privilegiato l'individualismo (a detrimento del servizio agli altri nella comunità) e il rapporto esclusivamente personale ed individuale con Dio. In seguito il discorso fu ripreso ed estremizzato da Zwingli.

Il Cattolicesimo inizialmente dimostrò ostilità nei confronti dell'umanesimo associato all'aggettivo cristiano, a parer mio, con ragione
.
Sono passati secoli, molte istanze sociali sono cambiate da allora...tuttavia continuo a pensare che la Chiesa dovrebbe continuare a guardare con diffidenza e prudenza a questa "rinascita" umanista cui si sta assistendo al presente.

Pertanto non trovo illogico affermare che le filosofie laiche dell'umanesimo NON sono conciliabili con il cristianesimo (o lo sono molto poco e in maniera pariziale).
Il cristianesimo sebbene storicamente collocabile nella sua origine e nei suoi sviluppi, trae origine da un'esperienza di natura soprasensibile, mistica, soprannaturale con carattere di rivelazione.

E' scritto infatti (Lettera di S. Paolo ai Gàlati): " Fratelli, vi dichiaro che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo".

L'umanesimo è invece intriso di pensiero del tutto umano, per lo più influenzato dal contesto storico e temporale, con i suoi problemi e i suoi vanti, e dalle esigenze dell'economia e della politica.
 Nel cristianesimo autentico, il centro è Cristo, non è l'uomo. L'uomo cristiano è chiamato ad aderire ad un modello che lo trascende e che trascende le sue facoltà naturali: se ne deduce che la stessa "carità" che è perno del messaggio evangelico è un carisma (dono) dello Spirito Santo, non riguarda le facoltà della creatura intese in senso affettivo e non va scambiata con nessun tipo di filantropia, ideologia di uguaglianza, socialismo che sia, né buoni sentimenti.
Secondo me il rischio di permettere un cristianesimo spiritualmente tiepido, ma inquinato di filosofie umaniste e antropocentriche è proprio quello di perdere il concetto di "centralità di Cristo" e di soprannaturalità della Rivelazione, per mettere al centro del discorso l'uomo che per sua natura corrotta e mortale è incapace di salvare sé stesso come è incapace di salvare gli altri.

Va da sé che perdere di vista Cristo, fulcro della predicazione, senza il quale non c'è salvezza per le Anime, e mettere al suo posto una filosofia antropocentrica o dei diritti umani è di fatto cosa anti-cristiana. Ma dei "diritti di Dio e del Suo Cristo" non parla mai nessuno??
L'uomo che presume di essere centrale nell'opera creativa senza però essere anzitutto un.....Santo, finirà col commettere un peccato di superbia parzialmente simile a quello che la tradizione attribuisce all'arcangelo che volle un ruolo che non poteva avere e che non poteva gestire...

Per i cristiani (nel senso etimologico e spirituale), non c'è nessun bisogno di un'ulteriore (ennesima) filosofia umanistica, perché è già scritto:
"amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22, 37-40).

Non c'è bisogno che qualcuno venga a parlare di filantropia, perché la carità verso il prossimo e le creature è altra cosa, ed è scritto anche:
"questo è il disegno del Padre: ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. In lui siamo stati fatti anche eredi."

Questo spiega di come l'uomo solo in Cristo può diventare erede della salvezza e partecipare della Gloria che è di Cristo, come pure in funzione di Lui sono le cose create, quelle extra-terrene e anche il Creato terrestre di cui l'uomo non è proprietario.

Quanti promuovono l'antropocentrismo nel creato sono di fatto "ladri e usurpatori" di quello che non appartiene a loro, che non sussiste certo per loro merito e bravura, ma che esiste in vista di Cristo glorioso, dei salvati di ogni tempo, luogo e nazione, dei giusti e dei santi che parteciperanno della Sua Gloria.
Ed è scritto ancora: "E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio."

Allora i cristiani "non predicano l'uomo" fine a sé stesso: i cristiani predicano Cristo!

Non vedo l'utilità di un "umanesimo cristiano", anzi mi sento sempre più ostile a qualsiasi filosofia umanista, antropocentrica e filantropica, chiamarla "cristiana" mi pare francamente una nota stonata.

Il cristianesimo è cristianesimo è basta, non è "roba umana" perché si basa su una rivelazione di origine ultrarerrena. Questo per chi crede.

Non ha infatti senso dire di credere che qualcosa sia stato rivelato (con origine ultraterrena e trascendente), e poi aderire ad una corrente di pensiero filosofica che è solo umana e che soffoca la centralità della rivelazione.

Cari "umanari", cristiani o meno che vi diciate, questo è da parte solo mia, e ve lo dico "con il cuore": andate a quel paese, che non salvate nessuno, che siete pieni di ipocrisia e di buonismi, pronti a chiedere diritti e uguaglianze... tutte "diavolerie" le vostre, perché sono ideologie prive di giustizia, di ordine e senza l'umiltà della responsabilità e del dovere.

Voi umanari "dell'amore libero", del "pacifismo" con la bandiera arcobaleno, quelli sempre pronti a riempirvi la bocca di parole come: "siamo tutti uguali", e poi "fratello", "libertà", "accoglienza", ma avete sbattuto fuori Chi era stato mandato a parlare veramente di libertà, di fratellanza e di amore.

Io questo post l'ho scritto per i miei amici e amiche cristiani/e.
In nessun modo intendo imporre la mia opinione o visione delle cose, né tantomeno un credo personale: ho scritto questo per definire concettualmente quelle che a parer mio sono alcune delle differenze basilari tra i principi dell'umanesimo filosofico per come si era sviluppato negli ambienti laici e razionalisti dei secoli che furono, e quelli del cristianesimo, sottlineando la quasi inconciliabilità tra loro (e il fallimento del protestantesimo che tentò la conciliazione).

E sottlineando sopratutto il fatto che i cristiani sono chiamati all'esercizio della Carità evangelica e alla predicazione di Cristo, non alla filantropia e all'esaltazione dell'uomo (o dei suoi presunti...ehm...diritti...).

Ecco alcune delle risposte che ho ricevuto a questo post:

 "Il "pericolo", secondo me, non è tanto il fatto che qualcuno (ingenuamente) scambi per cristianesimo quella che è tutta una serie di patetica esaltazione umanistica, ma che questo si faccia strada nella Chiesa, per cui ci ritroveremo, per esempio, con missionari che anziché parlare di Cristo in senso soteriologico (cioè finalizzato alla salvezza delle Anime), si limiteranno a pacche sulle spalle, a grandi promesse di amore senza mai il richiamo al dovere e alla responsabilità, alla conversione cioè, quindi senza la giustizia: cristiani e missionari stolti perché amano gli uomini (??) ma odiano le loro Anime, cioè non prendono in considerazione la logica del Cielo, dell'elevazione di coscienza e della salvezza delle Anime, ma stanno solo lì a fare "vita sociale", con una benevolenza forzatamente allegra e affettuosa, nient'altro." (M.G.A.R.)

"Erasmo da Rotterdam è una figura piuttosto complessa e non è questo il luogo per parlarne, per sintetizzare diciamo che se la sua opera ebbe un senso e una vasta risonanza ai suoi tempi (tant'è vero che gli venne anche offerto dal papa il cappello cardinalizio, che rifiutò.) in seguito, ad una successiva analisi alcuni dei suoi libri vennero messi all'indice.
Le osservazioni che fai tu collimano con le osservazioni della Chiesa di allora e penso con la Chiesa di tutti i tempi. E soprattutto oggi che la cultura umanistica rischia di essere appiattita su di un’unica dimensione tecnicoscientifica, bisogna fare molta attenzione alla nuova dimensione umana a cui stiamo andando incontro.. Insomma cultura umanistica sì ma alla luce del vangelo. Non un umanesimo fine a se stesso. O peggio ancora un Cristo strumentalizzato per "fini umani"." (A.D.)


Rispondo a A.D.: "Sì, certo, hai ragione, Erasmo Da Rotterdam fu una figura complessa, ma era un nome che ho dovuto citare per cenno storiografico, lui va contestualizzato nel suo tempo. Parliamo di questi nostri tempi piuttosto. A cosa serve ad un cristiano "la visione umanistica", quando ha, come tu pure la definisci, "la luce del vangelo"? La nostra esperienza di persone umane, per il cristiano (ovviamente uno è libero di esserlo come non esserlo) è vissuta in una logica che se ci pensi, non è umana perché è comunque trascendente: ha origine oltreumana ma poi si cala nella dimensione umana, e nella persona del Cristo (del Dio che si fa uomo). Per questo non vedo alcuna necessità "dell'umanesimo", né di quello materialista e tecnicoscientifico cui accenni, né in umanesimi di altro tipo. Non ha senso dirsi "umanisti cristiani", ma solo cristiani, che c'è da aggiungere? Il resto (l'impianto morale per es.) è deducibile (da Cristo) e riconducibile (in Cristo - non "nel vangelo in senso etico", ma proprio - teologia seguendo - nella persona stessa di Cristo): non vedo neppure per quale motivo la Chiesa dovrebbe prendere in considerazione l'umanesimo cristiano quando c'è Cristo centrale e c'è il cristianesimo a proporre modelli sia etico-morali che conseguentemente sociali, famigliari, ma anche e sopratutto spirituali, ed è questo che intendevo dire: che credere qualcosa che ci trascende e lasciare che questo orienti almeno in parte le scelte della vita NON equivale affatto a seguire "una filosofia", né un pensiero che sia meramente etico (per quanto eccelso), perché la base del cristianesimo è spirituale, mistica, soprasensibile, e a carattere di rivelazione, non è intellettuale e morale, quelle sono tutte cose che vengono come conseguenza, ma non come origine, né come meta. Se...se si dovesse togliere al cristianesimo la sua natura trascendente (spirituale, mistica, come vuoi chiamarla) e ridurlo ad una bella questione etica e sociale tra persone, se si dovesse vedere il Cristo come "modello di uomo" (ma solo di uomo, elevato quanto vuoi, ma solo "uomo eticissimo"), allora in tal caso avremmo vanificato la stessa sua "missione"... a volte sospetto l'umanesimo cristiano di voler subdolamente fare del Cristo "un uomo irreprensibile, un altissimo modello morale", privandolo però della natura anche divina, privando le Anime del beneficio salvifico che deriva dalla sua incarnazione, dalla sua vita e dalla sua morte (e dalla sua resurrezione: ovviamente sei liberissima di non crederci affatto, io sto sponendo dei puri concetti, le tue convinzioni non pretendo neppure di conoscerle)."

 "Sono completamente d'accordo con te, anche perchè la valorizzazione della persona umana a 360° è implicita nel cristianesimo, non è un'etichetta da appiccicare all'esterno!!!!" (A.D.)

Rispondo: "Ecco appunto. E questa valorizzazione della persona umana di cui tu parli è quella dei santi. La persona umana è valorizzata allorché ritrova e vive la relazione con Dio, mediante il Cristo, nella grazia e verso la santità. Certo che questo implica una coerenza nel comportamento al di là del puro atto di fede. E quindi entriamo nel discorso etico, cioè di comportamento, ma che ha origine dalla Grazia che ci viene data in quanto persone-Anime (consapevoli o meno che siamo di esserlo), che ci precede persino, e non deriva da una filosofia del pensiero umano, per quanto ve ne siano di notevoli (pensiamo per es. a quanto elaborato nel pensiero orientale...). Non a caso, per i cristiani, S. Paolo faceva notare che: " il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. " (lettera ai Galati). Per quanto mi riguarda, avrei potuto leggermi pile di libri, fare dei viaggi e poi scegliere il modello etico che più mi piaceva. Ma quando ho "sentito" che qualcosa era stato rivelato e non proveniva dagli uomini, allora me ne sono interessata subito, perché ho pensato che era come poter ricevere "una luce maggiore" e soprattutto più efficace di quelle, seppur splendide, che già avevo a disposizione (che non ho rinnegato ma che ho ri-letto nella logica della rivelazione..."


three, two, one...ideologia del gender...uff...!!

Oggi al lavoro una mi viene a dire che l'anno prossimo vigilerà su quello che fanno fare a scuola a sua figlia: a settembre, la bambina andrà in quinta elementare e sono previsti alcuni incontri di educazione all'affettività e alla sessualità.
- Che non me la facciano andare a scuola vestita da maschio con i bambini vestiti da femmina -.
E io: - Maddai, ma vuoi che facciano 'ste cose, vestire i bambini da femmina a scuola?! -.
- Sì - mi risponde lei - e poi indirizzano i bambini vestiti da femmine verso altri bambini rimasti con i loro vestiti e verso le bambine vestite da maschio, per vedere cosa ne pensano di questi accoppiamenti ... -.
Io personalmente non credo che faranno questi esperimenti nelle scuole, perché di esperimenti si tratta, sono esperimenti sociali che riguardano le convenzioni acquisite, le pulsioni innate, l'identità di genere ecc...
"si ma vedi," prosegue la tipa" ...finché erano esperimenti condotti da psicologi e sociologi in ambiente controllato, forse era accettabile, se invece vengono inseriti nei programmi delle elementari per indurre i piccoli a pensare che possono essere "femmine con il pene e maschi con la vagina, anziché semplicemente dei bambini e delle bambine di 10, 11 anni" o che uomo-donna è la stessa cosa di uomo-uomo e di donna-donna
(questo è il linguaggio che usano con i bambini)."

Ricordo tempo fa il titolo di un libro che ebbe un discreto successo, era Debunking Myths About Sexual Fluidity di Lisa Diamond (che parlava più che altro dell'orientamento sessuale e della sessualità femminile adulta).

Secondo l'autrice: "Sexual fluidity is a fairly simple concept: people’s sexual responses are not set in stone, and can change over time, often depending on the immediate situation they’re in. For example, if someone identifies as heterosexual but then finds themself in an environment with only people of the same gender, they might feel increased sexual/romantic attraction to those same-gender partners. Like any other social trait, sexual preferences, attitudes, behaviors, and identity can be flexible to some degree."

"la fluidità sessuale è un concetto piuttosto semplice: la risposta sessuale delle persone non è incisa nella pietra, ma può variare nel tempo, spesso a seconda della situazione contingente. Per esempio, se qualcuno ritiene di essere eterosessuale ma poi si ritrova costretto in un posto dove ci sono solamente persone del suo stesso sesso, potrebbe provare attrazione sessuale/romantica per alcune di quelle persone. Come ogni altro tratto sociale, le preferenze sessuali, le tendenze, il comportamento e l'identità possono risultare flessibili, entro un certo limite" (lla traduzione è mia).

Sì, MA questo libro parla della sessualità di persone che sono adulte e con personalità strutturate, non di proporre un qualche tipo di "sexual fluidity" a dei bambini delle elementari. Inoltre, l'autrice specifica che nello studio che stava esaminando c'erano persone eterosessuali che sviluppavano tendenze omosessuali allorché si trovavano costrette a stare solo con persone del loro stesso sesso. A volte capita tra i carcercati, tra i soldati, tra i religiosi, non è una novità, uomini o donne che siano, perché è il tipo di ambiente e di vita, come precisa l'autrice, che determina l'instaurarsi, o slatentizzarsi, di tendenze omosessuali che prima non avevano ragione di manifestarsi. Per l'autrice, le preferenze e le tendenze sessuali sono influenzate dall'ambiente e sono in funzione dell'ambiente. Il resto invece è solo ideologia, e propinarla a bambini delle elementari mi pare, se ciò dovesse avvenire, un'aberrazione.

Ecco alcune delle risposte private che ho ricevuto a questo post:

"È' con grande sofferenza che vivo l'allarmismo che la rete mette nelle famiglie con un 'interpretazione del tutto arbitraria di certi aberranti articoli...ne fanno anche un caso politico...poi oggi tutti possono scrivere in rete e persone non ben informate ci credono ciecamente" (R.S.)

Risposta mia: beh, anche secondo me c'è una qualche dose di allarmismo in tutto questo...una mamma di famiglia legge, si spaventa e quasi rischia di non fidarsi più a mandare la bimba o il bimbo a scuola...e c'è pure, forse, un qualche tipo di strumentalizzazione degli studi sulla sessualità umana e degli studi di genere che erano stati condotti negli ambienti scientifici e che non dovevano diventare materiale finalizzato ad alimentare una ideologia. Che poi internet sia una giungla dove chiunque può mettersi a scrivere cose intelligenti o cavolate, è un altro dato di fatto, a quanto pare, speriamo nel discernimento e che non  ne scriva io pure, di baggianate...


"Chissà come abbiamo fatto nei millenni a generarci sino ad ora..." (A.G.)

Risposta mia: mediante riproduzione sessuata finalizzata alla fusione di due gameti e alla formazione di un nuovo individuo che riceve metà del suo corredo genetico da parte materna e l'altra metà da parte paterna. Quindi mediante un incontro eterosessuale, avvenga esso tra individui di sesso opposto o con fecondazione artificialeA parte questo, volendo cogliere la sfumatura ironica del commento che non era una domanda indiretta, ho risposto che il sesso biologico è determinato a livello genetico e poi si manifesta nei caratteri sessuali primari e secondari (in assenza ovviamente di anomalie o patologie). L'identità di genere invece è un'altra cosa, e inerisce all'adesione della persona a modelli definiti socialmente come maschili o femmini o validi per entrambi, cioè "come una persona si sente" nei confronti del suo identificarsi con modelli maschili oppure femminili, del suo pensare a sé stesso come maschio oppure come femmina. 

Tuttavia (opinione mia), come possiamo ritenere possibile "sganciare" completamente l'identità di genere assunta da una persona dal dato biologico? E' necessario (necessario nel senso che non possiammo fare altrimenti) tenere conto del fatto che noi esseri della specie umana siano enti naturali sessuati. Questa nostra natura non è qualcosa da cui è possibile essere esentati. Pertanto, mi chiedo francamente quanto senso abbia che un individuo umano rivendichi una totale libertà di tipo intellettuale e morale di essere considerato maschio oppure femmina oppure entrambi oppure nessuno a prescindere da quello che la natura "ha determinato" e scritto nel suo DNA, e da quello che si manifesta di conseguenza nel corpo fisico. Può un essere umano "essere liberato" finché vive dalle determinazioni e dai limiti imposti dalla natura terrena, materiale, animale se vogliamo, biologica, che ci riguarda? Siamo sicuri che una eventuale divergenza non dico dagli stereotipi del gender, che sono altra cosa ancora, ma proprio tra sesso biologico e identità di genere (indipendentemente dall'orientamento sessuale che è influenzato da molti altri fattori anche temporanei) sia da considerarsi una "espressione del libero arbitrio" umano? Secondo me no, neppure con un atto volitivo, razionale ed intellettuale. "Non sumus angeli"...

sabato 21 marzo 2015

L'astinenza dal consumo di carne nella spiritualità dei primi cristiani, riflessioni per cambiare il nostro attuale stile di vita. "Dobbiamo cibarci come Adamo prima della caduta, non come Noè dopo il peccato"



Per spiegare la questione del rapporto tra la fede cristiana (nel mio caso anche cattolica) e il vegetarianesimo come scelta alimentare, o comunque la moderazione nel consumo di carne e pesce, partirò da questa frase attribuita a San Clemente Alessandrino (Atene 150 d.C. ca – Cappadocia 215 d.C. ca) che  fu un teologo e apologeta cristiano, uno dei Padri della Chiesa.


“La carne ottenebra l’anima. Dobbiamo cibarci come Adamo prima della caduta, non come Noè dopo il peccato”.


Come questo cristiano del II secolo, anche altri e la maggior parte dei Padri della Chiesa consideravano auspicabile l’astinenza dal consumo di carni.
Un’amica biblista alcune settimane fa mi espose alcune sue riflessioni che riassumerei nel modo seguente:
Con il fratricidio di Caino, il quale uccide Abele suo fratello, è rovinato inoltre il rapporto di innocente fratellanza all’interno del genere umano.
L’uomo, da Custode del Creato diventa un dominatore violento, spesso mosso da secondi fini, dalla cupidigia, dalla brama di possesso, e diventa uno sfruttatore delle risorse del Creato e un suo distruttore, al punto che ogni creatura ha terrore di lui («Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo» Gn 9,2).
L’uomo diventa carnivoro («Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe» Gn 9,3).
C’è uno slittamento linguistico che fa supporre una ratifica ( o una permissione?)  divina al mutamento di regime alimentare dell’uomo. Infatti possiamo rinvenire un passaggio dall’iniziale volontà di Dio («Ecco Io [il corsivo è mio] vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo», Gn 1,29) alla Sua presa d’atto della ribellione umana: («Tutto ciò che vive sulla terra o nel mare sarà vostro cibo come un tempo mangiaste le erbe verdi che Io vi diedi tutte» Gn 9,3, in traduzione letterale dal greco). 
Restano comunque delle restrizioni: «Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue» (Gn 9,4). Dio si riserva il potere sulla Vita (nella dimensione più profonda), è l’unico a poterne disporre, come attestano Matteo («Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima», Mt 10,28)”

Oggi il cristiano medio (il cattolico medio) direbbe però che Gesù ne mangiava, citando magari l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Persino dopo la Resurrezione, apparso agli apostoli, Gesù mangiò anche del pesce arrostito davanti a loro allo scopo di mostrare loro che il suo era un vero corpo e non l’apparizione di uno spirito.
Personalmente, a differenza di altri che sostengono che Gesù si fosse sempre astenuto, durante la sua vita terrena, dal mangiare carne, io penso che Gesù ne mangiò. Penso che mangiò quel pesce arrostito e mangiò l’agnello a Pasqua, secondo la tradizione del suo popolo.
Tuttavia, mi sento di aderire, per come posso, alla logica di astinenza dalle carni (inserita in un contesto etico e mistico, di ascesa morale e spirituale) dei Padri della Chiesa, invitando i cristiani attuali a comprenderne le motivazioni e anche a contestualizzare il comportamento di Gesù e dei santi. Gesù era un ebreo e non ha mai rinnegato la sua cultura e tradizione, né la legge del suo popolo. Diceva infatti che la sua venuta era un compimento della legge, e non una sfida o un attacco ad essa. Gesù era un artigiano, un falegname, probabilmente si guadagnava il necessario per vivere (senza però diventare ricco). Non ebbe mai bisogno di mendicare, aveva una casa modesta, quella in cui viveva con la famiglia, aveva degli indumenti e quanto era insomma necessario. Probabilmente mangiava pochissima carne, le donne spesso procuravano il cibo e per questo andavano ai mercati regolarmente allestiti nelle città e anche nei villaggi, l’alimentazione era costituita da pane, olive, latte di capra e di pecora da cui poteva essere ricavato eventualmente del formaggio, forse uova di gallinella o di quaglia, fichi, alcuni legumi, miele (con cui venivano anche preparati sorta di dolci), frutta di qualche altro tipo, qualche verdura a foglia (con legumi e verdure era anche possibile preparare sopra di zuppe calde) e infine pesce, quaglie, colombi, agnelli, capretti. Dubito che gli ebrei mangiassero carne di cavallo, di manzo o di cammello. Nel Vangelo  sono nominati dei  maiali (i quali poi annegano in massa a causa di una infestazione da parte di alcuni demoni che avevano chiesto a Gesù il permesso di entrare nei porci dopo essere stati cacciati da un uomo – è probabilmente attribuibile alla sola azione diabolica l’incidente dei porci, e non alla volontà di Cristo su quei maiali). Un sacerdote mi disse che Gesù non mangiava carne di maiale (perché allora allevavano i porci in quella regione che Lui stava percorrendo?). Non lo so, però nel Vangelo è scritto che Gesù dichiarò puri tutti gli alimenti, pertanto se ne deduce che secondo Gesù mangiare carne di maiale non rendeva un uomo impuro per contro “alla purezza” (?) conservata da chi aveva mangiato un capretto. Pertanto, secondo Gesù non esiste una distinzione tra capretto=cibo puro VS maiale= cibo impuro.
Erano probabilmente assenti nella dieta di Gesù tutti gli alimenti, alcuni dei quali sono oggi comunissimi nella nostra dieta, che sono arrivati a noi, attraversando l’Oceano, in seguito alle esplorazioni delle Americhe. Quindi non penso che Gesù potesse avere mai mangiato le patate, per esempio.
Gesù mangia del pesce. Questo è deducibile dai Vangeli. Teniamo conto che alcuni dei suoi apostoli erano pescatori e la pesca era una delle principali fonti di sopravvivenza per tutti i villaggi e i paesi che si trovavano sulle rive del lago oggi chiamato di Tiberiade. Era gente che viveva di pesca e il lago doveva avere una discreta fauna ittica. Gesù durante la vita cosiddetta “pubblica”, visse di provvidenza perché non svolgeva più il mestiere di falegname. Dai Vangeli sappiamo che riceveva offerte da persone più o meno abbienti, che aveva anche delle amicizie tra i ceti più  benestanti (il suo amico Lazzaro, per esempio, era una persona ricca) e sappiamo che diverse donne, mogli di uomini benestanti, tra le quali anche alcune donne romane, lo seguivano spesso e aiutavano economicamente sia Gesù che i suoi apostoli.
Gesù viveva di provvidenza, dunque, quindi non poteva scegliere “il menu del giorno”. Spesso ospite in questa o quella casa, mangiava quanto gli veniva offerto, senza rifiutare il pasto gratuitamente offerto, perché c’era solo quello. Raramente carne, più spesso un po’ di pesce, ma solitamente pane, olive, legumi vari…In varie occasioni però gli apostoli comperavano cibo, specialmente pane (nel Vangelo è riportato un episodio in cui essi parlano tra loro circa il fatto che si erano dimenticati di acquistarne).
Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci avviene appunto con “la materia prima” messa a disposizione dalle persone. Non è manna che scende dal Cielo, in quanto si parte da qualcosa che è già presente. Questo indica che lo Spirito di Dio agisce sulla base di quanto l’uomo naturalmente possiede, sia materialmente che moralmente. Era insomma povera gente che aveva messo a disposizione quello che aveva, non potendosi permettere alternative in grado di soddisfare il fabbisogno nutrizionale.
Neppure Gesù poteva permettersi alternative: mangiava quanto gli veniva offerto gratuitamente, e chiedeva ai suoi di comperare il pane. Ad eccezione di legumi, uova latte e formaggio, non aveva a disposizione né soia, né tofu, né altri alimenti che oggi sono considerati sostitutivi delle proteine della carne.
La tradizione dell’agnello è biblica e ogni ebreo praticante se ne atteneva durante la Pasqua, e così Gesù, il quale non proibì agli apostoli di mangiare l’agnello durante l’ultima cena che ebbe con loro prima del suo arresto, processo e condanna a morte. Prima di ogni pasto, Gesù benediceva gli alimenti pronti per essere mangiati e poi distribuiva le porzioni ai suoi. E così fece anche quella volta. Tuttavia, istituendo l’eucarestia, egli nuovamente oltrepassa la vecchia tradizione, compiendo ogni attesa del suo popolo, diventando cioè egli stesso “l’agnello sacrificale”. La tradizione cattolica chiama infatti Cristo, il Dio che si fa carne,  “Agnus Dei”, l’Agnello di Dio offerto come vittima e da questo se ne deduce che sacrificare agnelli e colombi non serve più e che ogni altro sacrificio di animali diventa del tutto inutile. In molti passi biblici, è Dio stesso, per bocca dei profeti, a dichiarare il Suo disinteresse nel sacrificio di un animale: è scritto nel Salmo 50 (51) “Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi”. 

Il profeta Osea inoltre proclama agli ebrei: 
Così dice il Signore:
Torna, Israele, al Signore, tuo Dio,
poiché hai inciampato nella tua iniquità.
Preparate le parole da dire
e tornate al Signore;
ditegli: “Togli ogni iniquità,
accetta ciò che è bene:
non offerta di tori immolati,
ma la lode delle nostre labbra.

Oggi la Chiesa Cattolica considera molto importante la tutela del creato, c’è una giornata dedicata ad esso nella mia diocesi. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al paragrafo 2415 (parte terza, sezione seconda, capitolo secondo), si parla di “rispetto dell’integrità della creazione”. Questo è un sentimento importante e responsabile che di certo apparteneva al cuore di Gesù.
In un episodio del Vangelo, Gesù parla con i suoi e dice loro che il Padre che è nei Cieli (il Dio Creatore) provvede a tutte le sue creature. Egli parla della bontà di Dio che ha cuore ogni creatura. Dio si prende cura “dei passeri del cielo e dei gigli del campo”. Pertanto la provvidenza divina e la divina bontà non sono riservate solo agli uomini, ma investono, penetrano, comprendono, abbracciano l’intera creazione. Gesù dice tuttavia ai suoi: “voi valete più di molti passeri”. Di molti, non di tutti i passeri. A chi si stava rivolgendo in quel momento Gesù? Si stava rivolgendo a coloro che, per seguirlo, “avevano lasciato ogni cosa”. Si stava rivolgendo ai santi, ai giusti, a quelli che sono “in Cristo”, che si sono convertiti, quindi si rivolgeva a molti uomini, ma non a tutti gli uomini, in quanto Gesù distingue tra quelli che sono “con Lui” e quelli che sono “contro di Lui”. Pertanto in quel “voi valete” non va messa l’umanità come specie, bensì quanti di essa si orientano al Regno dei Cieli predicato da Cristo, e anche coloro che pur non essendo di religione cristiana sono orientati al bene secondo la logica di Dio e non quella del mondo (perché coloro che invece si fanno corrompere dal mondo perdono la grazia e vivono in condizioni di empietà, perdendo l’amicizia con Dio e l’armonia con il prossimo e con l’ambiente). Si tenga inoltre conto che l’intero discorso circa la redenzione nei confronti degli uomini è volto alla salvezza delle Anime, e a tale salvezza è subordinata la stessa sopravvivenza del corpo fisico, in quanto la salvezza dell’anima è prioritaria rispetto al prolungamento della vita fisica.
Sempre nel Catechismo cattolico è scritto che è lecito servirsi degli animali per provvedere al nutrimento e al vestiario, ma che ciò non può mai avvenire in maniera separata dal rispetto delle esigenze morali, in quanto la signoria che il Creatore ha concesso all’uomo sugli altri viventi non è assoluta, ma esige un religioso rispetto degli animali e dell’ambiente, delle risorse che dovranno essere tutelate anche per il bene dell’umanità futura. Il creato appartiene a Dio e l’uomo lo custodisce e ne è grandemente responsabile.
Affermare che è lecito nutrirsi di carne significa che ciò deve rispondere a mere esigenze fisiologiche e nutrizionali e non va considerato un modo di soddisfare il palato fine a sé stesso. Mangiare carne non ha come finalità il piacere, la ricerca del gusto o la tradizione gastronomica: essa è moralmente lecita soltanto se  giustificata dallo stato di necessità fisiologica. 
San Clemente Alessandrino, distinguendo tra la condizione “prima del peccato di Adamo” (in Eden non era concesso all’uomo di mangiare animali in quanto non ve ne era alcun bisogno) e dopo il diluvio, da ad intendere (come altri mistici e una parte del mondo scientifico attuale) che l’uomo non era originariamente onnivoro come intendiamo noi oggi, ma che la carne è stata introdotta in seguito. Dalla Bibbia si deduce che prima del diluvio gli uomini non mangiavano carne, ma dopo il diluvio Dio ha dato loro questa permissione a fini di sopravvivenza. La permissione non è stata esplicitamente ritirata, ma va da sé che qualsiasi altra finalità è moralmente discutibile. Dio permise anche che gli ebrei nel deserto mangiassero quaglie, anche qui, viste le circostanze (non è facile sopravvivere nel deserto), la permissione è data a fine di sopravvivenza. E’ lo stato di necessità a giustificare moralmente il comportamento umano nelle varie circostanze, non la ricerca del piacere e dell’apparenza.
Nei secoli passati l’uomo ha dovuto a volte lottare per sopravvivere. Noi siamo nati e cresciuti in un benessere che per noi può essere scontato, ma ricordiamo che talvolta le generazioni a noi precedenti hanno patito fame e freddo. Oggi è possibile disporre di indumenti che tengono caldo senza dover usufruire del pelo di un animale, pertanto non è più necessario confezionare pellicce per resistere al freddo e quindi non è più moralmente lecito giustificare l’uccisione degli animali al solo scopo di confezionare con il loro pelo costose pellicce (es. di visone, di volpe ecc.) che per un periodo erano anche diventate uno status symbol sociale, un oggetto di lusso da esibire senza che esso risponda in nessun modo a reali esigenze, cioè alla soddisfazione dei bisogni primari.
L’utilizzo delle risorse va quindi ponderato, va fatto discernimento tra “uso” e “abuso”. La persona che ritiene di avere realmente bisogno di introdurre nella propria dieta della carne di tanto in tanto, e lo fa con criterio, con moderazione, non commette peccato e non commette abuso. Se tuttavia è possibile evitare di dover disporre della vita di una creatura e ci sono valide alternative ad uccidere, allora tali alternative andrebbero prese e proposte, in quanto solo Dio è il datore della vita delle creature e pertanto questo è un concetto sacro ai credenti: la vita umana è un valore non negoziabile, la vita animale e poi vegetale e minerale vale anch’essa e di essa non va fatto abuso, né maltrattamento, né scempio, né spreco, né disprezzo, né indifferenza.
Secondo i Padri della Chiesa orientali e occidentali, è auspicabile astenersi dal consumo di carne e questa astensione è da inserirsi nelle pratiche ascetiche e comunque volte all’elevazione etica e spirituale, a conseguire la signoria dell’anima e dello spirito sulla carne. L’uomo è corpo ed è anima. Siamo Anime di origine celeste con un corpo fisico di natura terrestre e sebbene non sia cosa buona accentuare il dualismo che vedeva il corpo come “una prigione”, il credente o anche il non credente che tuttavia avverte il desiderio di crescita nelle virtù e nel bene è tenuto ad avere una disciplina interiore tale da far prevalere le facoltà superiori, quindi quelle intellettuali, morali e spirituali sulle esigenze del corpo fisico. In questa logica di elevazione etica e spirituale e di virtù praticata va intesa la moderazione nel mangiare e nel bere, nel consumo di carne o nell’auspicabile scelta di astenersi da esso ove possibile (senza cioè mettere a repentaglio la propria salute). La pratica del digiuno e di astensione dalla carne al venerdì (come pure quella digiuno a pane ed acqua consigliato dalla Madonna a Medjugorje il mercoledì e il venerdì) è anch’essa cosa molto buona e molto gradita a Dio; il digiuno è un mezzo importante di disciplina interiore e di purificazione, esso invita alla riflessione e alla preghiera, aiuta il combattimento spirituale e la vittoria sulle tentazioni e aiuta a liberarsi dalla mentalità consumistica e dall’angoscia (ma va praticato sempre con criterio al fine di non compromettere lo stato di salute, quindi se una persona non può digiunare non è obbligata a farlo).
Contrariamente a quanto alcuni cristiani (e diversi cattolici) purtroppo ritengono, l’attuale vegetarianesimo e veganesimo non sono “ideologie” e non sono “mode”. Se qualcuno le fa diventare tali, è nell’errore. Esse sono un modo di reagire al consumismo, all’abuso che l’uomo fa delle risorse naturali, all’eccessivo consumo di carne, allo scempio degli allevamenti intensivi del bestiame e della pesca intensiva. Trovo che ciò abbia una sua giustificazione anche psicologica nella ricerca di uno stile di vita più consapevole e rispettoso del Creato e quindi di Dio che ha permesso che si potesse disporre delle risorse ma sempre entro limiti morali. E’ la scienza stessa che in questi tempi sempre più viene in aiuto alla scelta vegetariana (eventualmente anche vegana) sia nel contesto della nutrizione individuale che in quello ecologico, cioè di produzione e utilizzo ecosostenibile delle risorse del pianeta. Abusare delle risorse del pianeta è quindi, per un cristiano, un peccato grave non solo contro Dio Creatore, ma anche contro il prossimo e contro la posterità. E’ un peccato “dei padri” le cui conseguenze “ricadono sui figli e sui nipoti”, cioè sulle generazioni future. Abusare degli animali è un peccato contro l’amore che dobbiamo a Dio e al nostro prossimo in quanto anche l’umanità futura ha diritto di godere del bene che la presenza degli animali nelle loro varie specie, dei vegetali e dei minerali, con le loro specifiche funzioni, portano. E’ pertanto un dovere morale avere  carità, custodire e tutelare la biodiversità del pianeta.
Per un cristiano, il carisma, il dono, la virtù più importante è la carità. La carità supera ogni conoscenza naturale e soprannaturale, ogni ricchezza materiale e ogni abilità e potere. La carità va usata verso tutti, verso Dio, verso il prossimo (ama Dio e ama il prossimo è il messaggio centrale del Vangelo), verso le creature di Dio e il Suo creato. Certo ci vuole ordine nell’esercizio della carità. La carità non è “bel sentimento” e non è disordinata. Travestire un cagnolino domestico da pagliaccio, ridicolizzandolo con gesti apparentemente affettuosi che però lo mettono a disagio e non rispettano la sua vera natura non è carità ma è disordine del comportamento umano. La carità verso gli animali implica il rispetto della loro vera natura e funzione, del mondo in cui essi sono strutturati. Se è lecito coinvolgerli nei nostri svaghi, ciò tuttavia non deve causare loro sofferenza, né umiliarne la natura. Pertanto – nonostante il fascino che certe persone provano per la tradizione e il folklore – eventi come la corrida e certi spettacoli del circo o dei delfinari e ai tempi attuali anche la caccia sono in contrasto con la morale cristiana che ritiene lesivo della stessa dignità umana maltrattare un animale e causargli inutili ed ingiuste sofferenze come pure è moralmente illecito distruggere un habitat naturale di una specie impedendole così di continuare a sopravvivere, distruggere le foreste, inquinare l’aria, i mari, i fiumi, la terra.
Si rifletta inoltre sul fatto che, nel cristianesimo, la mentalità è cristocentrica e non antropocentrica o umanista. Il cristianesimo non è umanesimo, non è neppure filantropia. Al centro è Cristo ed è scritto che “il disegno del Padre è quello di ricapitolare tutte le cose in Cristo”. In Cristo e non “nell’uomo” in quanto specie. Come detto prima, i giusti, i santi, i salvati (a prescindere dalla religione) prenderanno parte alla gloria di Cristo e pertanto a questo disegno glorioso che coinvolge l’umanità e il creato è rivolta la finalità del Creatore e la logica del nostro pensiero.
Solamente  l’uomo è creato “ad immagine e somiglianza di Dio” ed è quindi dotato, come gli enti spirituali di natura angelica, di autocoscienza e di un margine di libero arbitrio, di discernimento tra bene e male, di possibilità reale di aderire all’uno o all’altro, ovvero di salvarsi o di scegliere deliberatamente la separazione dalla logica del Regno dei Cieli. Tuttavia anche gli animali hanno una componente animica (un’anima sensibile). Gli scienziati della Cambridge University avevano dichiarato che, sebbene solo l’uomo sia dotato di autocoscienza, esiste una coscienza anche per gli altri mammiferi e molti uccelli e rettili mentre esistono forme di “coscienza collettiva” per animali come gli insetti. E’ da chiarire cosa essi intendano per “coscienza”, in senso scientifico, non morale. E’ comunque ovvio che molti animali tra cui i mammiferi sono capaci di provare emozioni come gioia e sofferenza, paura e divertimento (chi tra voi ha vissuto con un cane, un gatto, un cavallo ecc se lo avrà intuito) sebbene non in maniera complessa come quelle di un essere umano sano e integro. Dopo la morte, nessun animale è dannato, nessun animale è perduto. Esso “ritorna nel ciclo della vita”. E’ scritto anche che “tutto il Creato è presente nella Mente di Dio”. Nella Sua Luce, è possibile vedere ogni ente creato, nulla di quanto Egli opera va perduto. Sarà quindi possibile riavere, in questa Visione splendida, tutto quanto abbiamo amato, compresi gli animali. Il nulla non esiste e quando verranno “cieli nuovi e terra nuova”, tutta la creazione sarà rinnovata.





giovedì 8 gennaio 2015

What spiritual entities are and what they mean by "time" (a summary from Father José Antonio Fortea's book Summa Daemoniaca)



A couple of months ago I had a chance to find and read a book entitled “Summa Daemoniaca”, written by the Catholic priest and exorcist José Antonio Fortea. 

I think this book is very interesting to read, philosophically speaking, whether one believes or not that there might be things like “angels or demons or spiritual entities in general”. I personally don’t share some of Fortea’s points of view, however, I’d like to summarize some concepts of  his book.

According to Fortea’s interpretation of demonology, angels and demons are spiritual entities sharing the same nature but belonging to different spiritual orientations. They are “pure spirits”, that is, they have no physical body in any way. They aren’t dead human beings, they have never had a proper human experience. So they’re “aliens”, it means they’re not humans and they were not originally created “on the Earth planet”. 

Since angels and demons are spiritual entities and have no physical body at all, they cannot “die” or become ill (e.g. they cannot become affected by diseases or cancer or infections…). They do not need to introduce food as we do and animals of other species do.  They do not need to eat, drink, eliminate, sleep, reproduce. They might need to get some kind of energy (from the elements? From the sun? the kind of energy they use and its natural or even “non earthly” and thus space or even preternatural source is not exactly clear/known for sure).
Although they do not experience physical pain or physical pleasure, hunger or thirst or sex desire, they can conceptually “understand” what humans mean when we talk about these issues concerning physical bodies and their natural needs.

Another interesting point in Fortea’s book regards entities’ concept of what we call “time”. Time for entities is not the same as it “feels” for us. In fact, the word Fortea uses instead of “time” is aevum. This word, aevum, is a Latin word to define a succession of events and changes. In relation to spiritual beings, aevum could be defined as a series of intellectual actions, conceptual understandings and acts of free will.